Recensione Cuori (2006)

Il maestro francese Alain Resnais ci regala un divertissement piccolo e colorato, dalla consistenza lieve e delicata della neve che cade.

Capricci del cuore

Una girandola di coppie sotto il cielo di Parigi. Nicole e Dan sono una coppia in crisi in cerca di un appartamento più grande in cui stabilirsi. Thierry, il loro agente immobiliare, è segretamente innamorato della religiosissima collega Charlotte che gli presta periodicamente videocassette del suo programma preferito, una trasmissione religiosa al termine della quale appaiono immagini di lei che si spoglia. Nel frattempo Gaelle, sorella di Thierry, frequenta un'agenzia per cuori solitari che le organizza un appuntamento con Dan. Le cose sembrano andare per il meglio finché Gaelle non scopre che Dan è già impegnato.

Il maestro francese Alain Resnais ci regala un divertissement piccolo e colorato, dalla consistenza lieve e delicata della neve che cade, la stessa neve che marca l'inizio e la fine della pellicola in quella che pare una vera e propria citazione del burtoniano Edward mani di forbice. Anche in questo caso la presenza della neve sembra rimarcare fin dall'incipit la natura fiabesca della storia, o meglio, delle storie che il regista si accinge a narrare. I personaggi di Resnais sembrano, infatti, appartenere a un'altra dimensione, sognatori e stralunati, eterei e chiacchieroni, attraversano le vicissitudini esistenziali e, in special modo, sentimentali con distacco e ironia. Al di là dell'apparente levità non mancano le tematiche abitualmente toccate dall'ottantaquattrenne maestro francese nella sua opera: la solitudine, i tormenti amorosi, il rapporto con la religione, la verità e la menzogna, ma tutto alla fine dei conti sembra dissolversi nelle nubi che avvolgono la Tour Eiffel nelle immagini che concludono la pellicola.

Premiato con il Leone d'Argento per la miglior regia all'ultima Mostra di Venezia, Resnais mostra grande maestria e mano sicura sia nella direzione degli attori (grande e ben assortito il cast all'interno del quale spiccano la nostra Laura Morante, Sabine Azéma e Pierre Arditi), nei virtuosismi registici che ci introducono in seno alla narrazione e che fungono da raccordo tra le varie sequenze, ma soprattutto nell'abilità di adattare la pièce dell'inglese Alan Ayckbourn Private fears in public places senza snaturarne eccessivamente la dimensione teatrale. E proprio di questa teatralità si nutre il film, nei continui passaggi da una situazione all'altra, con i personaggi che si muovono all'interno di appartamenti, loft e uffici apparendo e scomparendo dietro tende, cortine, divani come su un palcoscenico vero e proprio. Al tempo stesso punto di forza e limite della pellicola, l'origine non cinematografica si assomma a una certa lentezza che in alcune scene prevale sul tono brioso, inoltre l'avversione alla simbologia più banale in uso nel cinema di cassetta spinge Resnais a costruire sequenze tanto leggiadre e raffinate quanto slegate l'una dall'altra e per questo meno incisive. Cinema d'autore allo stato puro con tutto ciò che il termine comporta, il regista dimostra di non aver scordato la sua militanza nell'avant-garde francese e si concede ai palati raffinati con il tacito accordo di non chiedere nulla in più di ciò che le immagini stesse spontaneamente offrono.

Movieplayer.it

3.0/5