Recensione Le ragazze dello swing (2010)

'Le ragazze dello swing' non è semplicemente la storia dell'ascesa e della disfatta di tre delle artiste più popolari del primo Novecento, ma anche un affresco realistico sui pericoli di un governo che ci vuole dire cosa ascoltare, cosa leggere e come parlare.

Cantare ai tempi del fascismo

La strada per il successo è sempre difficile. Non basta il talento, non basta la volontà; è anche una questione di opportunità e fortuna. E quando la fama è stata raggiunta, un impegno equivalente serve per mantenerla, per sapersi assicurare di continuo l'affetto dei fan. Ma anche quando tutte queste condizioni sono soddisfatte, c'è la società a potersi mettere di mezzo, magari sotto forma di un governo totalitario che, se non ha rispetto per la libertà e per la vita umana, è facile immaginare quanto possa averne per l'arte o la popolarità. Attraverso una mini-fiction in due puntate, il regista Maurizio Zaccaro ripercorrerà le tappe più significative della storia del trio Lescano, dal loro esordio nelle bettole all'oblio seguito, appunto, alla purga fascista.
Le due sorelle maggiori, ospitate a casa dello zio a Torino, si arrabattano tra un'audizione e l'altra con lavori di lavapiatti o guardarobiera, finché non vengono notate da un impresario napoletano, più per la bellezza delle loro gambe che per i meriti artistici. Non a caso la madre, arrivata in Italia insieme alla sorella minore per il debutto al palcoscenico delle due ragazze, vorrebbe per loro il rimpatrio immediato: troppo volgare e sconveniente lo spettacolo a cui partecipano. Ma, grazie alle doti affabulatorie di Gennaro Fiore, Eva accetterà di dedicarsi, insieme al volenteroso impresario, alla creazione di un numero che sappia mettere in mostra il vero talento delle tre bellezze: quello canoro.
Da lì alla notorietà il passo è breve; il trio viene infatti notato da un funzionario dell'Eiar, che, nonostante l'accento straniero sgradito al regime, riesce a metterlo sotto contratto. Ma le ingerenze fasciste inizieranno presto a gettare un'ombra sulla felicità di Alexandra, Judith e Maria, non senza l'aiuto di sedicenti malelingue.

La composizione convincente del cast è forse la prima cosa che salta all'occhio dell'opera di Zaccaro. Le tre protagoniste Andrea Osvart, Lotte Verbeek e Elise Schaap danno ragione del fascino e della bellezza del trio originale, mentre l'ottima riuscita della parti canore è assicurata da tre non meno talentuose voci femminili (quelle delle torinesi Blue Dolls). La bravura di Giuseppe Battiston, qui nel ruolo del gaudente funzionario che dovrà fin troppo presto venire a contatto con il lato oscuro del successo, si riconferma ancora una volta, e anche Gianni Ferreri dà vita a un personaggio di straordinaria forza drammatica, che la regia sa ben esaltare grazie al contrasto stridente tra la sua patetica solitudine e la vita dorata delle ragazze a cui per primo aveva dato fiducia. In una fiction in costume, un aspetto fondamentale è quello della veridicità storica, e Zaccaro dimostra di aver svolto un lavoro molto attento sulle ambientazioni e i richiami agli eventi politici protagonisti dell'epoca del Trio Lescano; un'ulteriore nota di realismo è data dalla scelta di non doppiare le attrici, lasciando in evidenza il loro più o meno marcato accento olandese e addirittura facendo loro usare la lingua madre nei dialoghi più privati.
La sceneggiatura, a cura dello stesso Zaccaro e di Laura Ippoliti, sa dare vita a passaggi di tono sfumati e carichi di significato, mantenendosi sempre lontana dal gusto per il drammone tipico della televisione italiana: le piccole crepe che incrinano la felicità e le prospettive delle tre ragazze, i complimenti che si trasformano in minaccia danno tutto il senso dell'ambiguità e del compromesso a cui chi, ancora non del tutto sgradito, doveva piegarsi pur di restare nelle grazie dei potenti. L'ottima colonna sonora, che oltre alle già citate parti cantate si compone di pezzi strumentali non meno pregevoli, accompagna la narrazione assecondando la vocazione intimistica della regia, sempre attenta a suggerire le riflessioni più intime dei personaggi senza usare le parole, che, come prescriveva il buonsenso dell'epoca, era bene risparmiare il più possibile.
Le ragazze dello swing non è semplicemente la storia dell'ascesa e della disfatta di tre delle artiste più popolari del primo Novecento, ma anche un affresco realistico sui pericoli di un governo che ci vuole dire cosa ascoltare, cosa leggere e come parlare; pericoli che non coinvolgono solo la massa indifferenziata dei più deboli, i cui diritti possono essere calpestati impunemente nel silenzio e nell'indifferenza, ma anche chi si crede protetto dall'affetto e dalla popolarità. Se le vicende dell'uomo medio non sempre commuovono quest'Italia superficiale e pressappochista, che con tanta leggerezza dimentica la propria storia, speriamo che possa farlo il percorso di coloro che di fama e successo, valori principi della contemporaneità a cui moltissimi aspirano, ne avevano da vendere.