Recensione The Hunting Party (2007)

La fluidità che caratterizza la narrazione e che permette di risolvere con leggerezza snodi diegetici particolarmente drammatici farà storcere il naso ai puristi ma non nuoce alla buona riuscita della pellicola e al suo intento di denuncia.

Caccia alla volpe

Il conflitto serbo-bosniaco che ha insanguinato la ex Jugoslavia è una ferita ancora aperta che pulsa nel cuore dell'Europa. Lo dimostra l'attenzione della comunità internazionale, impegnata a traghettare gli stati balcanici verso un lento e faticoso ritorno alla normalità dopo i massacri perpetrati ai danni della popolazione, il cui ricordo è ancora ferocemente e dolorosamente vivo. E alle macerie morali e materiali che la guerra civile ha lasciato dietro di sé guarda con interesse anche la Hollywood più politicizzata, in parte a causa della presenza di un attore particolarmente sensibilizzato e impegnato in cause umanitarie come Richard Gere che ha aderito con entusiasmo all'arduo progetto di realizzare un film sulla caccia a uno dei peggiori criminali della guerra balcanica, la volpe Radovan Karadzic. Tratto da una storia vera narrata nel reportage di Scott Anderson "What I Did on My Summer Vacation" pubblicato sull'Esquire, I cacciatori - The hunting party, dopo una breve premessa volta a inquadrare il background dei personaggi nel contesto in cui sono calati, si concentra sulla decisione del reporter di guerra Simon Hunt di mettersi alla ricerca di Karadzic e del capo militare Ratko Mladic per stanarli dal loro nascondiglio e consegnarli alle autorità, realizzando così uno scoop giornalistico senza precedenti. Lo seguono nella folle impresa il fido cameraman interpretato dal convincente Terrence Howard e un giornalista novellino, figlio del vicedirettore del network, che si butta a capofitto nell'impresa senza rendersi ben conto dei rischi che i tre corrono addentrandosi nel territorio controllato dalla volpe e dai suoi luogotenenti.

Nonostante la drammaticità della situazione post-bellica della Bosnia non venga affatto celata, ma anzi, in alcune delle sequenze più drammatiche del film venga mostrata esplicitamente come doveroso atto di denuncia contro i crimini che ancora oggi, a tredici anni distanza dalla fine della guerra civile, continuano a restare impuniti (non ultima la connivenza delle autorità con i criminali di guerra che esercitano indisturbati il proprio potere sulla popolazione), I cacciatori è un film dalla forte impronta hollywoodiana che manca di quella sensibilità tutta europea di cui sono impregnate altre pellicole dedicate al medesimo argomento quali No Man's Land o Beautiful people. La fluidità che caratterizza la narrazione, permettendo di risolvere con sostanziale leggerezza snodi diegetici particolarmente drammatici, farà storcere il naso ai puristi ma, di fatto, non nuoce alla buona riuscita della pellicola alla quale si può effettivamente imputare il difetto (se così si vuol chiamare) di una certa gradevolezza che non invalida l'intento primario di denuncia della questione balcanica. D'altra parte i modelli dichiarati del regista Richard Shepard sono il capolavoro altmaniano MASH o il più recente Three kings, pellicole che dimostrano come il connubio tra commedia e controinformazione sia possibile là dove vi sia la presenza di una mente lucida e capace di gestire la dimensione del pamphlet politico stemperando i momenti più tragici nella risata senza per questo sminuirne la valenza.

Tra gli espedienti utilizzati dal regista per narrare una vicenda di questa portata senza cadere nella seriosità spicca la scelta di decentrare il punto di vista facendolo coincidere con quello del cameraman Duck, spalla saggia della vera mente del gruppo che è il protagonista Simon Hunt. Questo "effetto Sancho Panza" consegue un duplice scopo: permette allo spettatore di calarsi fin da subito all'interno della narrazione grazie anche all'uso abbondante della voice over di Duck che racconta l'antefatto alla caccia (l'incontro con Hunt, la squadra vincente formata dai due e il crollo del reporter davanti alle telecamere in seguito all'assassinio della donna amata), ma soprattutto dona un allure particolare al personaggio di Hunt che, visto dall'esterno, assume i tratti romantici di scavezzacollo un po' fuori di testa, lacerato da una perdita che grida ancora vendetta e desideroso di rivalsa professionale. Tutte qualità che, unite, al fascino maturo del carismatico Richard Gere, non lasciano dubbi di sorta sulla volontà di rendere accattivanti i nostri eroi e sostenerli nel loro eroico tentativo di stanare i cattivi. Recitazione, brillantezza dei dialoghi, ritmo narrativo mantenuto volutamente alto, ambientazione accurata (gli esterni sono stati girati interamente in Bosnia e Croazia); tutto contribuisce alla piacevolezza del film, ma nello stesso tempo, rafforza la volontà di porre l'accento sull'atroce realtà dei fatti: l'Interpol, la Nato, l'Onu e la Cia continuano a ricercare i criminali di guerra e a emettere inutilmente mandati di cattura internazionale che cadranno nel vuoto quando tutti, in realtà, conoscono perfettamente i nascondigli di questi sterminatori che, protetti da governi compiacenti e da accordi segreti, continuano a restare impuniti. Ecco come la frase che inaugura la visione de I cacciatori, apparendo in sovrimpressione in apertura del film, solo nel finale assume tutta la sua carica di tragica e beffarda verità: "Solo i particolari più ridicoli di questa storia sono veri".

Movieplayer.it

3.0/5