Brividi insoliti al Far East

Prospettive inusuali, approcci anticonvenzionali e contaminazione di generi sono alla base dell'Horror day di questa edizione del Far East Film Festival, con Indonesia e Tailandia a farla da padrone.

L'"Horror day" - la giornata che il Far East Film Festival consacra interamente a uno dei generi orientali più frequentati e apprezzati dai cinefili - è ormai divenuto quasi un'istituzione irrinunciabile per tutti gli appassionati, anche se negli ultimi anni ha rischiato un po' di fossilizzarsi riproponendo sempre la medesima formula. Forse anche per questo motivo si è deciso quest'anno di ripensare la programmazione, prediligendo le produzioni più insolite e preferendo le cinematografie di paesi emergenti, come Indonesia, Singapore e Tailandia.

La giornata comincia con una vera e propria chicca storica, A Bloodthirsty Killer di Lee Yong-Min, considerato uno dei capisaldi della tradizione horror sudcoreana. Il film, restaurato e riscoperto da poco, mostra come anche in Corea del Sud intorno agli anni Sessanta si stavano mettendo in moto spinte in grado di rivoluzionare il genere, parallelamente a quanto è avvenuto in Giappone con altri maestri riconosciuti dell'horror classico come Nobuo Nakagawa.

Il resto della programmazione giornaliera ha offerto una programmazione variegata, con proposte caratterizzate tutte per la volontà di perseguire prospettive insolite e approcci inusuali. Come nel caso del singaporese Rule #1, che sceglie di perseguire un registro basato sull'ibridazione di generi e di stili differenti. Profondamente influenzato dal cinema di Hong Kong, il film di Kelvin Tong oscilla dall'horror al thriller, con tanto di svolta finale tanto cara ai film di questo genere. Sulla contaminazione si fonda anche Rahtree Reborn, ennesimo episodio della saga ideata dal regista tailandese Yuthlert Sippapak che mescola umorismo di grana grossa e ghost story, con continui cambi di tono e di registro.

Altro filone particolare è quello dell'horror a episodi, che ormai dopo il fortunato successo della serie Three costituisce quasi un sottogenere a se stante con le proprie convenzioni e regole. Quest'anno il Festival ha proposto al pubblico ben due opere dalla struttura episodica, l'indonesiano Takut: Faces of Fear e il tailandese 4bia. In entrambi i casi si tratta di tentativi riusciti - pur con risultati altalenanti tra le singole prove - di imbastire dei cortometraggi horror, dei piccoli esercizi di stile giocati spesso sul filo dell'ironia citazionista. Da segnalare, per quanto riguarda il film indonesiano il gustoso episodio incentrato sul rito di magia nera (con citazioni dirette dal cinema di Brian Yuzna, non a caso produttore e ideatore del progetto) e quello chiaramente ispirato ad Audition di Takashi Mike con protagonista una serial killer letteralmente "mangia uomini". Di 4bia, invece, risultano molto convincenti il segmento con protagonisti quattro ragazzi in campeggio, che si prende deliberatamente gioco di tutte le convenzioni del genere, e l'ultimo episodio incentrato su una hostess che deve scortare il cadavere "dispettoso" di una regina.

Tailandia e Indonesia si confermano protagoniste indiscusse della giornata con altri due film, rispettivamente Coming Soon e The Forbidden Door. Quest'ultimo, diretto da Joko Anwar, una delle personalità di spicco della recente rinascita indonesiana, è stato il vero e proprio evento della serata, grazie agli sconvolgenti temi affrontati (si parla di violenza sui minori e di snuff movies) e a una sequenza particolarmente estrema in grado di far discutere. Coming Soon di Sophon Sakdaphisit, incentrato su un film maledetto che perseguita gli spettatori, prosegue invece il filone "meta-cinematografico", non certo nuovo anche in campo horror.

Dalle storie di fantasmi più classiche allo psycho-thriller, passando per le contaminazioni con il genere comico e gli esercizi di stile cinefili: l'"horror day" conferma anche quest'anno la voglia di reinventarsi continuamente del cinema asiatico.