Blocco 181, parlano i registi: “È una favola nera, oscura, erotica e sentimentale”

Giuseppe Capotondi, Ciro Visco e Matteo Bonifazio, i registi della serie Sky e NOW, ci hanno raccontato come è nato l'immaginario di Blocco 181, tra graphic novel, quel sudore che fa subito Sudamerica e le luci per tirare fuori lo stato d'animo dei personaggi.

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Blocco 181: una scena della serie

Una Milano inedita in realtà aumentata. Avvicinandoci a Blocco 181, la nuova serie Sky Original che dal 20 maggio è disponibile su Sky e NOW, e arrivata al finale di stagione con gli ultimi due episodi il 10 giugno, ci aveva colpito questa definizione. Una chiave di lettura che si è rivelata perfetta per definire Blocco 181: una sorta di graphic novel con gli attori, un graffito urbano in movimento, fatta di colori forti, ma non luminosi. Quello di Blocco 181 è un immaginario inedito, originale, dall'impatto potente, che non lascia indifferenti. Per questo è stato davvero interessante, in occasione del lancio della serie, parlare con i tre registi di come è nato questo immaginario visivo. Sono Giuseppe Capotondi, regista del bellissimo La doppia ora e al timone di alcune puntate di Suburra, Ciro Visco, che ha esplorato il crime alla campana di Gomorra, e Matteo Bonifazio.

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Blocco 181: una foto di scena

È interessante perché sono venute fuori molte delle scelte che hanno permesso di regalare a Blocco 181 una confezione così particolare. Dare alla storia un tocco di graphic novel, portare a Milano quel sudore che fa subito Sudamerica, usare le luci per tirare fuori lo stato d'animo dei personaggi. "Non volevamo fare niente di documentaristico, o neorealistico, sulla periferia di Milano" ci ha spiegato Giuseppe Capotondi. "Volevamo raccontare una favola nera, oscura, anche erotica e sentimentale. Blocco 181 è un numero civico di via del Giambellino che è stato demolito. È l'unico che non c'è. Non volevamo raccontare la realtà, il disagio sociale della Barona o del Gratosoglio. È una storia d'amore diversa". Per capire la particolarità di Blocco 181 è interessante sentire cosa aveva detto Ciro Visco, che aveva avuto una certa difficoltà nell'incasellare la serie in un genere preciso. "Ancora adesso non saprei dire il genere" commenta. "In Blocco 181 coesistono una serie di realtà, trasfigurate, iperrealiste che non permettono una categorizzazione. Siamo in una situazione - individuale e mondiale - dove è difficile dare una categorizzazione, non è più necessario come un tempo. Blocco 181 in questa realtà si inserisce perfettamente. Se, in un determinato momento della propria vita, uno è più propenso a leggerci l'amore, troverà quello. Che poi è il motore di tutta la serie. Da questo si possono attraversare altri generi, c'è la criminalità, che permea la nostra storia, ma non è l'unico motore". Questa varietà ha anche dato ai registi la possibilità di giocare con i generi, e Matteo Bonifazio si è divertito molto. "Io personalmente ho colto l'occasione di giocare con tanti generi che ho sempre amato" ci ha spiegato. "Avendo ogni episodio una discreta varietà di registri, ogni volta che ho potuto mi sono buttato al cento per cento su quel registro, facendo tesoro di citazioni o cose che tenevo in tasca, facendo appello per tutto l'amore per il cinema maturato in 49 anni".

La nostra videointervista a Giuseppe Capotondi, Ciro Visco e Matteo Bonifazio

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Giuseppe Capotondi: "Mi piaceva molto che Milano sudasse"

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Blocco 181: una foto promozionale

Abbiamo chiesto a Giuseppe Capotondi come è stata ricreata allora questa Milano in realtà aumentata. "Intanto ricreando una periferia che non è quella vera, è verosimile ma non è vera, infatti è fatta con tante periferie messe insieme" ci ha risposto. "E poi usando dei colori che di solito non si vedono a Milano tutti i giorni". "Ma è la storia in sé che è iperrealistica, per il modo in cui è girata: sembra più una graphic novel che un documentario sulla periferia milanese". L'immaginario di Blocco 181 è originale, e allora ci si chiede se ci sono stati dei riferimenti per costruirlo. "Tutto è postmoderno ormai, non c'è niente di originale" ci risponde Capotondi. "Originale è il modo in cui sono messi insieme elementi già visti. Non c'è niente di stravagante. Ci siamo fatti portare dall'intuizione, dall'immaginario sudamericano. Mi piaceva molto che Milano sudasse, che fosse una Milano sudamericana".

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Ciro Visco: "Una luce può raccontare la psicologia di un personaggio"

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Blocco 181: un'immagine di scena

Sul concetto di realtà aumentata parliamo anche con Ciro Visco, secondo del trio di registi che hanno contribuito all'immaginario particolarissimo di Blocco 181. "Per me è stato facile ricrearla" commenta il regista. "Seguivo la scia tracciata da Giuseppe che aveva messo in campo quelli che erano gli elementi fondamentali. L'aspetto dei colori, della palette, mi ha colpito molto: riusciva a portare fuori molti elementi che altrimenti, con un altro mood, non avrei mai vissuto". "L'altra cosa che ci ha aiutato molto", continua, "era quello di prendere un elemento che esisteva, era reale, e provare a farlo diventare qualcosa di differente: una luce di un fanale, che doveva essere un normale rosso di un auto che frena, poteva diventare un elemento di colore che riusciva a raccontare la psicologia di un personaggio. Tutto questo insieme rendeva questo iperrealismo molto divertente".

Matteo Bonifazio: "La scenografia e gli stilisti hanno portato tutti il loro contributo a questa idea"

È evidente come l'immaginario di Blocco 181 sia però un grande lavoro di squadra. "Per fortuna hanno aderito anche tutti i dipartimenti" ci spiega Matteo Bonifazio. "La scenografia e gli stilisti hanno portato tutti il loro contributo a questa idea. Nei costumi ci sono tutta una serie di elementi che sono stati accentuati".

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Blocco 181: il cast in una foto promozionale

Giuseppe Capotondi: "A differenza di Gomorra e Suburra è una storia d'amore"

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Blocco 181: un'immagine della serie

Ma che cos'ha di diverso questo romanzo criminale multietnico alla milanese, rispetto agli altri romanzi criminali alla romana, o alla campana, alla Suburra o alla Gomorra, che Capotondi e Visco hanno frequentato in passato? "Di diverso c'è che non era un unico stand narrativo" risponde Ciro Visco. "Prendiamo il pretesto del crime per andare a scandagliare le psicologie dei personaggi. Ma più che le psicologie sono i rapporti fra di loro". "Infatti è una storia d'amore" riflette Giuseppe Capotondi. "A differenza di Gomorra e Suburra, il nucleo della nostra serie è una storia d'amore tra Romeo, Giulietta e Romeo, tre ragazzi che cercano di crescere ed emanciparsi a livello sessuale, sentimentale, criminale". "Il crimine è come una cappa che rimane presente sulla vita dei nostri ma in realtà, pur condizionandola, non la determina" aggiunge Visco.

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