Recensione Come farsi lasciare in 10 giorni (2003)

Una commedia sentimentale che seppur prevedibile e convenzionale ha il pregio di non eccedere in eccessivi romanticismi ma di puntare sull'ironia e l'equivoco.

Belli ricchi e inaspettatamente innamorati

New York è una città affascinante e contraddittoria; dai mille volti e dalle molteplici sfaccettature. Donald Petrie vecchio ed esperto volpone del cinema americano più ammiccante al grande pubblico (lo ricordiamo regista di Mystic Pizza, Due irresistibili brontoloni, Miss Detective) sceglie di mostrarci il lato più glamour della prima città d'America: la New York ovattata della moda e della pubblicità, del Manhattan Bridge e del mitico Madison Square Garden è infatti la co-protagonista di questa spensierata e divertente commedia tutta incentrata sulla coppia Hudson & McConaughey: belli, ricchi, simpatici e sicuramente con l'alito profumato.

La trama di certo non è delle più innovative e sebbene ben scritta e condita da continui ribaltamenti e pseudo colpi di scena, ogni spettatore sà già dal primo fotogramma come finirà il film. Consci di questo probabilmente inevitabile limite, possiamo però goderci con un po' di sana indulgenza i 115 minuti del film, rilevando come nell'anno delle commedie sentimentali, questo Come farsi lasciare in 10 giorni, di sicuro si colloca una spanna sopra ad altre analoghe, ma obiettivamente sconcertanti, pellicole. Il valore aggiunto al film di Petrie va sostanzialmente ricercato nella buona sceneggiatura e nell'ottimo ritmo della storia ma soprattutto nella scelta dei due accativanti protagonisti, specie di quello femminile.

E' infatti Kate Hudson, (precedentemente candidata all'Oscar per Quasi famosi) la vera sorpresa del film; ironica, vivace ed attraente si muove con naturalezza nel suo personaggio, mostrando dei perfeti tempi comici, molto più del suo collega Matthew McConaughey, che per quanto adorato dal sesso femminile (non in virtù delle sue doti drammaturgiche di certo), appare ancora immaturo sul piano recitativo. Se comunque, come sostiene la produttrice Lynda Obst, il film si distingue per il delicato equilibrio tra dialoghi brillanti e trama sentimentale, non si può negare che in alcuni momenti ci si annoia un po' e si scivola facilmente sul banale tra leggere cadute di tono ed eccessi zuccherosi e moralistici. Un film spensierato e a tratti divertente in conclusione, ma che comunque non lascierà un grande traccia, ma per fare questo dovremmo resuscitare William Wyler probabilmente.

Una curiosità che forse accomunerà tutti gli appassionati di basket americano come il sottoscritto: nei fatidici dieci giorni in cui i due protagonisti cercano faticosamente di non innamorarsi, si gioca la finale NBA tra New York Nicks e Sacramento Kings, finale di cui almeno in tempi recenti non ho memoria. Licenza poetica o cattiva memoria del vostro umile scrittore?