Bellaria Film Festival 2011: Il documentario tra passato e futuro

Il direttore artistico Fabio Toncelli e il sindaco Enzo Ceccarelli hanno presentato la ventinovesima edizione del Festival, che affianca l'attenzione ai nuovi media e alle nuove tecnologie con uno sguardo al passato e alle esperienze internazionali.

E' stata presentata oggi presso la Casa del Cinema la ventinovesima edizione del Bellaria Film festival, rassegna cinematografica da sempre dedicata al documentario e che avrà luogo nella cittadina romagnola dal 2 al 5 giugno. Quest'anno prende le redini della manifestazione Fabio Toncelli, documentarista egli stesso e in più ricercatore e critico: una figura eclettica, insomma, che rende conto della filosofia che guiderà l'edizione 2011 del festival. Senza rinnegare le esperienze precedenti, infatti, si è cercato di insistere, in questo caso, sul connubio tra cinema e documentario e sulla differenza sempre meno percepibile tra fatti reali e opere di fiction, con un occhio di riguardo ai temi internazionali, ma senza dimenticare le tante e buone idee di casa nostra. Il sindaco Enzo Ceccarelli ha invece sottolineato la volontà di proseguire sulla strada tracciata a partire dall'edizione dello scorso anno, e che vedeva il festival sempre più a contatto con il pubblico, trasportato al di fuori dei cinema e pronto a invadere le piazze della città. Durante l'incontro moderato da Maurizio Di Rienzo si è parlato di questi propositi e abbiamo dato uno sguardo al programma delle varie sezioni, che si prospetta ricco e variegato.

Fabio Toncelli: Vorrei innanzitutto ringraziare l'amministrazione di Bellaria, il sindaco e tutti gli abitanti. Una delle parole più belle degli ultimi anni è "conferma", in questo caso di un tesoro che abbiamo costruito il 29 anni di lavoro. Abbiamo una squadra articolata, che ha dimostrato come, anche in tempi di austerità, con la passione e le idee si possano comunque realizzare delle belle cose. Questo tesoretto restituirà sicuramente a chi verrà qualcosa di prezioso. Quest'anno abbiamo volutamente lasciato cadere il discorso delle anteprime, dando spazio anche a opere già presentate in altri festival, perché pensiamo che molte di essere meritino un'altra chance. Il programma è quindi molto interessante e anche popolare.

Sembra che il festival quest'anno voglia andare in quattro direzioni: verso il passato, ricordando Vittorio De Seta, ma anche verso il futuro attraverso i tanti workshop. E poi l'interesse verso il 3d, e lo spazio dedicato alla radio. Come mai questa eterogeneità? Fabio Toncelli: La radio perché i linguaggi cambiano, ma non cambia la voglia di documentare. La radio è un'idea tanto più affascinante se pensiamo che è anche tecnologicamente avanzata; non dimentichiamo che nasce ben dopo il cinema, e che il microfono può arrivare in tanti luoghi in cui le telecamere non sono ammesse. L'ascolto dei rumori ci restituisce qualcosa che il video tende a cancellare, basti pensare alla suggestione creata da Clausura di Sergio Zavoli, registrato negli anni Cinquanta in un monastero di suore: lì anche il cigolio di una porta assumeva significati speciali. In più apriremo il festival con una puntata speciale de Il ruggito del coniglio, di Marco Presta e Antonello Dose, che sono un po' i nostri alleati naturali, perché anche loro documentano la vita degli italiani "normali", come noi. Abbiamo collaborato anche attraverso l'idea di Cortoconiglio, un concorso dedicato agli ascoltatori, che dovevano realizzare un breve videoclip dedicato alla prima ora degli italiani dopo il risveglio: i risultati sono stati spesso stupefacenti, a dimostrazione di come l'immagine del documentario possa essere anche leggera e ironica. Il documentario però si nutre anche di mezzi nuovi, ed è innegabile che il 3D offra delle possibilità espressive in più. L'immagine tridimensionale è molto reale, nonché duttile e flessibile, e soprattutto non si deve pensare che sia una tecnologia dai costi inarrivabili. Noi vedremo il primo documentario prodotto dalla Rai in 3d, Foibe, e il regista Roberto Olla ci parlerà di come lo ha realizzato e soprattutto dell'avventura che inizierà subito dopo il festival e che lo porterà fino ad Auschwitz. Parlando di Vittorio De Seta, nessuno come lui ha incarnato la fusione tra documentario e cinema. Il suo lavoro più famoso, Banditi a Orgosolo, vinse cinquant'anni fa a Venezia e rappresenta ancora uno degli esempi più felici di incrocio tra cinema del reale e fiction. Basti pensare anche ai due documentari che girò ancora prima di quello straordinario successo: faceva uso di attori non professionisti, di scenari autentici, ed è un territorio verso il cui probabilmente si muoverà il prossimo cinema. Anche perché adesso, grazie alle nuove tecnologie di ripresa, è sempre più difficile capire la distanza tra reale e immaginario: la forza della realtà assume connotazioni sempre più seducenti.

Molto ricchi sono il panorama internazionale e anche a sezione Crossmedia: di cosa si tratta?
Fabio Toncelli: Crossmedia è una sezione dedicata a tutti quei documentari che sono stati sviluppati tenendo conto del linguaggio del web, e quindi della visione e distribuzione online. Pensate che alcuni lavori internazionali avevano dei budget molto maggiori rispetto a quelli che possono vantare i documentari televisivi in Italia, e questo deve far riflettere. Inoltre questa sezione rappresenta anche una seconda chance per tutte quelle opere che siamo stati costretti a escludere, tanto è vero che sarà assegnata una menzione di merito al documentario più votato. Sono arrivati in totale più di 200 documentari da selezionare, segno che l'Italia è anche un popolo di documentaristi, e dispiace vedere che la televisione pubblica non ne tenga conto. Quello di cui c'è bisogno, però, non è un aiuto, perché gli aiuti possono essere anche abbracci mortali: semplicemente si dovrebbe entrare nell'ottica di idee che questo settore è in grado di generare grandi ascolti e quindi anche grandi profitti. Dal canto nostro, noi autori dobbiamo sempre misurarci con il pubblico, e quindi non limitarci a girare per noi stessi. Per quanto riguarda la rassegna Panorama Internazionale, siamo molto orgogliosi di presentare Love During Wartime, la storia di una ballerina israeliana e di un musicista palestinese che, sfidando la burocrazia, intendono sposarsi, che ha ottenuto un grandissimo successo al Tribeca Film Festival. Abbiamo poi Exit Through the Gift Shop, dedicato a Banksy, il misterioso artista dei graffiti, e anche The Oath, incentrato su due collaboratori di Osama Bin Laden e sulla disparità dei loro trattamenti da parte delle autorità. Ci porremo delle domande importanti sul futuro dell'umanità con il finlandese Into Eternity, in cui un gruppo di tecnici dovrà realizzare un deposito per scorie nucleari capace di durare centomila anni, e con Iron Crows assisteremo al destino delle navi dismesse e di coloro che, sulle coste del Bangladesh, le smantellano per pochi dollari al giorno.

La partecipazione di Enrico Vaime su cosa sarà incentrata?

Fabio Toncelli: Enrico è da sempre legato alla riviera e al suo cinema, alla sua identità indipendente. In più quest'anno dedicheremo una serata a Ennio Flaiano, uno degli intellettuali italiani più citati ancora oggi, a cento anni dalla sua nascita. Presenteremo un documentario di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa, intitolato, citando una celebre frase proprio di Flaiano, Il meglio è passato, che vede anche la partecipazione di Elio Germano ed è stato inserito nella rosa dei cinque documentari dedicati al cinema candidati ai Nastri d'Argento. Vaime è stato collega di Flaiano e potrà quindi raccontarci tanti episodi inediti, in modo da poter ridere ma anche rimpiangere un certo tipo di intellettuale che ancora credeva nella comunicazione di massa.

Come è avvenuta la scelta della giuria?
Fabio Toncelli: I documentari presentati in concorso sono molto diversi, e la giuria doveva potersi confrontare con questa eterogeneità. Abbiamo Almost Married, la storia di una ragazza turca che annuncia il suo matrimonio con un italiano, A Mao e a Luva, dedicato a un'improvvisata biblioteca nel cuore del Brasile, o anche El Sicario Room 164, in cui un ex ufficiale messicano ci parla, dalla sua camera d'albergo, della propria carriera come mercenario, e che ha anche vinto al festival di Tel Aviv. In Good Buy Roma si parlerà dei temi dell'immigrazione e dell'integrazione attraverso una vicenda di occupazione di un condominio, mentre in Guañape Sur si tratterà del rito annuale in cui, a Capo Verde, si spala dal guano un'intera isola. Grazie ad I Am Jesus impareremo come, in tre posti diversi del mondo, pare esserci stato un secondo avvento, e di come questi nuovi messia e le comunità che si sono creati attorno vivono la propria fede. La lista del console è invece una specie di Schindler's List italiano, in cui il console italiano in Ruanda si rende protagonista di un atto inaspettatamente coraggioso; e sono ancora dei rivoluzionari, questa volta Gorskij e Lenin, che vediamo in una veste inedita, mentre pianificano le sorti del mondo tra una partita a scacchi e una conversazione in terrazza, in L'altra rivoluzione, Gorkij e Lenin a Capri. L'ultima battaglia delle Alpi svela un volto inedito del patriottismo, che vede repubblichini e partigiani alleati per non lasciare che la Valle d'Aosta cadesse in mani francesi, mentre in My Marlboro City è l'identità giovane di Brindisi, nata tra gli anni Settanta e Ottanta grazie al commercio di sigarette, a essere protagonista. Pink gang è la storia di una donna che, in India, decide di ribellarsi agli omicidi mascherati da incidenti domestici di cui sono vittime le sue connazionali e di formare una squadra di ragazze in sari rosa, incaricate di opporsi alla connivenza della polizia, mentre in This is my Land... Hebron, attraverso interviste ai soldati e ai coloni, vedremo come, in una repubblica democratica come Israele dovrebbe essere, possano accadere cose capaci di lasciare interdetti gli stessi israeliani per primi. E' evidente, quindi, come la giuria dovesse tenere conto di questa diversificazione di competenze e stili. Abbiamo Alberto Crespi, uno tra i critici cinematografici più illustri in Italia, e poi Etra Palazzi, che soprattutto i documentari li utilizza, all'interno dei propri programmi televisivi, Bernardo Iovene che tutti stimiamo per il suo lavoro di reporter a Report, e Gianfranco Pannone, che oltre ad avere un grande occhio sulla storia è anche a contatto con i giovani. E soprattutto, il nostro presidente Giulio Scarpati, che rappresenta un po' il simbolo di quello che questo festival vuole trasmettere, ovvero l'unità tra teatro, cinema e televisione, la possibilità di essere popolari, ma con qualità.

Quali saranno i luoghi del festival? Fabio Toncelli: Come al solito protagonista sarà il cinema Astra, e, in più, presso la sala stampa con sede alla Biblioteca, sarà possibile visionare tutte le opere della sezione Crossmedia e ascoltare i radio documentari presso il Pjazza Club. In una cittadina così piccola è possibile godersi a piedi un po' tutto.
Enzo Ceccarelli: Tutta la città ha partecipato, anche economicamente, alla realizzazione del festival. La possibilità di incontrare gli artisti lungo il viale, di poter scambiare idee con loro non solo dentro la sala ma anche fuori è un'esperienza a cui non si poteva rinunciare. Avere l'occasione di far conoscere la mia città non soltanto per il mare o per il mangiar bene, ma anche per la cultura, specialmente in questo periodo in cui la cultura è la prima cosa ad essere oggetto di tagli, è una cosa per cui dobbiamo anche ringraziare la Provincia e la Regione.

Come mai avete deciso di dedicare un workshop al viral marketing?

Fabio Toncelli: Ci siamo posti questa domanda: come è possibile, attraverso video realizzati in casa e con budget zero, arrivare a milioni di contatti? In realtà tutto questo successo è frutto di preparazione e tecniche sofisticate, e ne abbiamo voluto parlare con due dei più esperti "diggers" del marketing virale. D'altro canto questo è il futuro, ed è impensabile non occuparsene.