Battlestar Galactica - Stagione 4, Episodio 4: Escape Velocity

Il quarto episodio della stagione conclusiva, povero di azione ma ricco di contenuti, è incentrato sui personaggi, scandito da una serie di serrati duelli verbali e focalizzato sul tema della religione.

La defunta Cally Tyrol ha messo in pericolo, anche se solo per pochi istanti, il terribile segreto del clonnello Tigh, di Galen Tyrol, di Samuel Andreson e di Tory Foster. Quest'ultima ha salvato la situazione (anche se non se ne vanta con i "colleghi", anzi fa passare la morte di Cally per un suicidio), ma l'incidente provoca un'ulteriore degradazione nell'inferno del dubbio e della mancanza di identità per almeno due dei quattro Cylon umanoidi della flotta, ovvero Tigh e Tyrol. Il Chief, che deve affrontare le conseguenze della sua improvvisa vedovanza, è schiacciato da un misto tra shock, confusione e senso di colpa, e, per la prima volta da quando a scoperto di essere un Cylon, commette un grave errore con il propulsore di un Raptor che quasi costa la vita a Racetrack e a Skulls. Quando l'ammiraglio Adama lo avvicina per offrirgli il proprio sostegno, la reazione di Tyrol è violenta e sorprendente: egli accusa l'ammiraglio di idealizzare Cally, che era tutt'altro che un angelo. Oltre ad avere parole poco lusinghiere per la moglie, Tyrol lamenta le frustrazioni della sua esistenza e il fatto di essere stato costretto a rinunciare alla donna che davvero amava, Boomer, e la sua rabbia monta in maniera incontrollabile di fronte non solo all'ammiraglio, ma anche di tutti gli avventori del Joe's Bar, tanto che alla fine l'ammiraglio è costretto a degradarlo. Ma una simile insubordinazione si attaglia così poco alla personalità mite e leale del Chief che viene da pensare che il suo gesto sia stato intenzionale, ovvero che, pensando che il suo errore con il Raptor possa essere conseguenza non di un attimo di distrazione, ma della sua natura Cylon, abbia volutamente provocato Adama per indurlo a degradarlo e quindi a salvaguardare la sicurezza dei piloti di Viper e Raptor.

Non meno a disagio appare il colonello Tigh, che inizialmente era stato il più fiero sostenitore della necessità di continuare a lavorare per la flotta coloniale come se nulla fosse successo. Ma se la rivelazione di essere un Cylon non è bastata a scuoterlo, ci riescono delle visioni riguardanti la moglie, da lui stesso tolta di mezzo su New Caprica perché rappresentava un rischio per la Resistenza. Anche qui, siamo di fronte a un tardo emergere del senso di colpa per quel delitto, o a una manifestazione della reale natura di Tigh? In ogni caso, la cosa lo spinge a cercare di avvicinarsi ai Cylon nell'unico modo che ha a disposizione, ovvero attraverso Caprica Six, sempre prigioniera su Galactica, le cui fattezze, quando la osserva, si trasformano in quelle di Ellen Tigh. Avvinto, e incuriosito dalla sua impassibilità, Tigh le chiede come riesce a non patire il proprio confinamento, e come sostiene il pensiero della propria responsabilità in relazione alla distruzione delle Dodici Colonie. Six, che potrebbe anche aver intuito, a questo punto, la vera identità del colonnello, che cerca con insistenza la sua compagnia, gli parla del dolore come della strada per il sentire più autentico e vitale, e... lo colpisce più volte. Salvo poi decidere che non è quello che gli serve, e procedere a tutto un altro genere di "terapia".

Chi, al contrario di Tyrol e Tigh, sembra aver abbracciato in pieno la propria nuova identità è Tory Foster, già apparsa lucida e inesorabile in occasione dell'omicidio di Cally. La donna inganna Tyrol, e incoraggia sia questi che il colonnello Tigh a "spegnere" il dolore che li affligge, come è loro concesso in quanto esseri superiori agli umani. Oltre a cercare di guidare gli altri Cylon della flotta, per Tory c'è un altro compito delicato, che è quella di raccogliere l'eredità di Six e di aiutare Baltar a comprendere la propria vocazione messianica. Ci sono le sue parole sussurate all'orecchio, e ci sono il sostegno morale e fisico (per la prima volta sembra evidente un contatto che fa pensare a una natura non solo virtuale del modello Sei delle visioni di Baltar) della stessa Six a indurre Baltar a pronunciare, dopo il brutale attacco subito da un gruppo fondamentalista, la prima predica davvero sentita e accorata ai suoi fedeli. Si delinea in questo modo un altro aspetto rilevante del monoteismo che Baltar è chiamato a diffondere presso l'umanità superstite: non solo c'è un unico Dio, ma questo Dio ama tutti gli uomini in quanto esseri perfetti, e il peccato non esiste. Accanto all'orgogliosa Six mentale, anche Tory assiste al discorso, e così un perplesso Lee Adama, che è stato strumentale perché l'ex enfant prodige di Caprica potesse continuare a riunirsi con i suoi cultisti, germe della nuova religione. La presidente Roslin, infatti, aveva tentato di imporre un provvedimento per impedire le adunate di più di dodici persone, ma Lee aveva guidato il Quorum of Twelve verso una decisa opposizione e a un voto contrario a questa misura antidemocratica. Ma, come ammette con lo stesso Baltar, non è per lui che Lee ha fatto quel che ha fatto. Il personaggio più morale di Battlestar Galactica combatte per un principio, e Laura Roslin teme che la sua incapacità di "sporcarsi le mani" possa essere un ostacolo nella sua carriera politica. Lei, al contrario, da figura dolce e materna, sebbene determinata, che era all'inizio della serie, va facendosi sempre più machiavellicamente razionale e senza scrupoli man mano che si avvicina alla fine, e minaccia Baltar in un teso faccia a faccia preannunciandogli un ulteriore (e probabilmente fatale) inasprimento dell'atteggiamento nei suoi confronti.

Escape Velocity si chiude dunque su una nota mistica, ambigua e ricca di possibilità: da una parte l'illuminazione di Baltar, dall'altra la brutalità dei seguaci del politeismo dei Lords of Kobol (i "Figli di Ares" sono i responsabili del violento attacco ai cultisti di Baltar), da un lato il realismo politico della presidente Roslin, dall'altro l'idealismo del suo potenziale successore, il giovane Adama. Il manicheismo, il confine netto tra bianco e nero, bene e male, non interessano gli sceneggiatori di Battlestar Galactica; i villain di oggi potrebbero essere gli eroi di domani, e viceversa. Ma non per questo siamo senza certezze: la nostra àncora è l'ammiraglio Adama, mediatore, paciere, latore di conforto, che si trasforma quasi in narratore onniscente attraverso i passaggi dei romanzi che legge a Laura, così ricchi di eco profonde, di oscuri presagi, di remote speranze: "The raft was not as seaworthy as I'd hoped. The waves repeatedly threatened to swamp it. I wasn't afraid to die. I was afraid of the emptiness that I felt inside. I couldn't feel anything. And that's what scared me. You came into my thoughts. I felt them. It felt good."