Battlestar Galactica - Stagione 4, Episodio 1: He That Believeth in Me

Un episodio di avvio convincente per la quarta - e purtroppo, ultima - stagione della space opera di Ronald D. Moore.

Dopo uno dei finali di stagione più emozionanti che memoria televisiva ricordi, e dopo una lunga pausa esacerbata dal timore di una cancellazione precoce dello show a causa dello sciopero degli sceneggiatori USA, torna Battlestar Galactica, la serie fantascientifica creata da Ronald D. Moore, che non cessa di sorprendere. L'apertura di questo episodio, infatti, è dedicata a una delle più spettacolari e serrate battaglie con i Cylon, con la tensione ulteriormente acuita dalla comparsa, in formazione, di un Viper con a bordo Starbuck, già protagonista di una tragica uscita di scena che sembrava definitiva. Se Lee gioisce nonostante l'incredulità, l'ammiraglio Adama è più sospettoso, e la presidente Roslin pensa immediatamente a un tranello del nemico.
Mentre a bordo della nave ci si prepara ad accogliere la rediviva Kara, suo marito, ancora sconvolto dalla recentissima scoperta di essere un Cylon umanoide - così come il colonnello Tigh, il Chief Tyrol e la consulente di Laura Roslin, Tory Foster - viene spedito in battaglia, e il suo intervento, in maniera abbastanza significativa e soprendente, pone fine all'aggressione. Un Raider, infatti, lo fronteggia, lo esamina, e dà il segnale per la ritirata. "Non solo lui non mi ha colpito - ma io non ho colpito lui", dirà poco dopo Sam agli altri tre componenti dei Final Five. Ancora sbigottiti e terrorizzati dall'idea di essere "attivati" e di rendersi colpevoli di gesti come quello di Boomer, i quattro faranno un patto: torneranno ai loro posti, cercando di continuare il loro lavoro, facendo il possibile perché il peggio non accada. Questo manipolo di attoniti Cylon in seno a Galactica rappresenta un forte e assai fruttifero nucleo narrativo per il proseguimento di questa ultima stagione dello show: per la statura dei personaggi (almeno nel caso di Tigh e Tyrol), per la loro indiscutibile lealtà nei confronti della flotta coloniale affiancata al rischio che sanno di rappresentare per essa, e per il ruolo che potrebbero avere nei rapporti tra il governo e gli altri sette Cylon umanoidi.

Molto meno ben costruita e apparentemente produttiva appare la storyline che riguarda Gaius Baltar, che, sfuggito alla condanna a morte grazie alla miracolosa testimonianza di Lee Adama, viene prelevato e nascosto da un gruppo di patetici cultisti che lo venerano: cosa possa aver generato questa setta baltariana nel cuore di una flotta che verso l'ex Presidente delle Colonie prova solo un risentimento rabbioso e omicida, non è dato di sapere. Dopo aver colto, da par suo ma senza troppo entusiasmo, i frutti del proprio carisma, Baltar si lascia andare alla disperazione e, in una accorata preghiera, chiede all'Unico Vero Dio di prendersi la sua vita anziché quella di un bambino ammalato, e per poco non viene esaudito quando un uomo lo aggredisce e tenta di sgozzarlo. Salvato da una delle sue nuove ancelle, Baltar rivela alla sua Six mentale la sincerità del suo pentimento: per tutta risposta, il piccolo Derrick si salva davvero, e il nostro "eroe" inizia così a giustificare la devozione dei suoi protettori. Abbiamo fiducia, in ogni caso, che le sorti di Baltar prenderanno una piega più interessante: non è lui il dodicesimo Cylon, questo già lo sappiamo, ma sappiamo anche che è destinato a giocare un ruolo chiave per il futuro dell'umanità e dei Cylon, perchè, come dice Six, "altrimenti non ti avrei portato fin qui".

Ma torniamo a Starbuck, che, una volta tornata a bordo della nave, non riceve l'accoglienza che si aspettava, convinta com'è di essersi assentata da poco più di sei ore (mentre Adama e l'equipaggio la credono morta da due mesi) e di dover essere festeggiata per aver finalmente trovato la Terra. Invece, i sospetti nei suoi confronti prevalgono, anche perché il suo Viper, esaminato da Tyrol, si rivela essere come nuovo: non certo la stessa nave con cui aveva lasciato l'ultima volta la piattaforma di lancio di Galactica. La presidente Roslin la tratta con durezza e la vorrebbe in cella, Adama vorrebbe crederle ma non può, e i "suoi uomini", Sam e Lee, possono fare ben poco perché sia ascoltata: e così la nave continua a viaggiare, un salto dopo l'altro, nella direzione sbagliata, e Kara rischia di perdere la "sensazione" che al momento la rende certa di poter ritrovare la Terra. La disperazione la porta, prevedibilmente, a gesti estremi; messi KO le guardie che la sorvegliano e il proprio consorte, Starbuck penetra negli appartamenti dell'ammiraglio dove riposa la sofferente Laura Roslin e, armata, l'affronta.
Le allusioni di questo episodio alla possibilità che Starbuck sia il dodicesimo "lavoro in pelle" appaiono come palesi tentativi di depistaggio, perché sarebbe troppo semplicistico che il suo legame psichico con i Cylon, così unico secondo Leoben, e il suo ruolo per la risoluzione dell'intera vicenda (che sarà inevitabilemnte notevole, considerata la centralità del personaggio) fossero giustificati nella maniera più scontata. E' probabile che Kara Thrace - definita, in Razor, "la portatrice dell'Apocalisse per l'umanità", sia qualcosa di ben diverso, e che l'ultimo dei Final Five sia qualcuno di davvero inatteso. Chi, lo scopriremo - o così sembra suggerire il promo - nel prossimo episodio, Six of One. E speriamo che la settimana passi in fretta, perché, seppure senza le risposte a molte domande, He That Believeth in Me ci ha lasciato più avvinti che mai.