Recensione Che cosa aspettarsi quando si aspetta (2012)

Anche se privo di atmosfere dichiaratamente idilliache, il film di Kirk Jones non riesce a sintetizzare umorismo e riflessione ma continua a proporre un'unica irritante interpretazione della maternità a tutti i costi sempre meno legata alle esigenze attuali.

Baby Boom

Secondo alcune ricerche scientifiche i nove mesi di gravidanza dovrebbero essere il momento più esaltante nella vita di una donna. A parte il prevedibile entusiasmo per un figlio in arrivo, il corpo si carica di nuova energia e le cellule si rigenerano pronte a risplendere sul volto sempre estasiato della futura mamma. Ma siamo proprio sicuri che questa visione idilliaca rappresenti una verità assoluta e non una semplice casualità che tocca in sorte a poche e fortunate prescelte? La dolce Wendy, titolare di una boutique per neonati, è assolutamente decisa a credere nel miracolo della gravidanza perfetta, ma quando i sogni di radiosità si scontrano con le più realistiche nausee mattutine, tutti i suoi entusiasmi iniziali svaniscono di fronte ai chili in eccesso e a un mal di schiena deciso a non abbandonarla. A rendere tutto più difficile, come se gli sbalzi ormonali e i piedi costantemente gonfi non bastassero, è la perfetta e biondissima Skyler che, dopo aver sposato il suocero di Wendy, si prepara a diventare madre di due gemelle senza scalfire minimamente una linea da passerella. Anzi, la sua condizione di top model sembra averla destinata a una maternità priva d'inconvenienti da sfoggiare con passo leggiadro su dodici centimetri di tacco. Sorte simile è toccata anche a Jules, maniaca della forma fisica e del fitness che, dopo aver piroettato con il ballerino professionista Evan sul palco di Ballando con le stelle, si trova a dover fare i conti con una gravidanza inaspettata e un rapporto di coppia tutto da costruire. Niente in confronto ai problemi di Rosi, alle prese con un bambino in arrivo ancor prima del suo primo appuntamento con il rivale in commercio Marco, e ai dubbi di un gruppo di padri in affanno che, muniti di passeggino e marsupio, cercano di svelare allo scettico e impreparato Alex i segreti per sopravvivere all'arrivo di un figlio in adozione.


La gravidanza non è certo un argomento insolito per il cinema hollywoodiano. Qui dove batte il cuore, Nine Months - Imprevisti d'amore, Molto incinta e Juno sono solo alcuni dei titoli in cui i fatidici nove mesi sono stati posti al centro di vicende più o meno romantiche, caratterizzate da una sottile vena d'ironia. In questo panorama abbastanza omogeneo, però, Che cosa aspettarsi quando si aspetta sembrava destinato a raccogliere la sfida di cambiare rotta e gestire la tematica con uno stile più moderno e con un realismo finalmente insolito per il genere. Tratto dall'omonimo best seller di Heidi Murkoff, cui molte future madri sembrano attribuire il merito di aver svelato e spiegato con chiarezza soprattutto gli aspetti meno poetici della loro condizione, sul film di Kirk Jones si sono concentrate le attese per un racconto privo dei luoghi comuni che storicamente arricchiscono il soggetto. Speranze che le sceneggiatrici Shauna Cross e Heather Hach hanno ignorato completamente, tradendo la filosofia e lo scopo alla base del libro della Murkoff. Così, anche se priva di atmosfere dichiaratamente idilliache, la vicenda costruita intorno a cinque coppie in attesa non riesce a sintetizzare umorismo e riflessione ma continua a proporre un'unica irritante interpretazione della maternità a tutti i costi sempre meno legata all'attualità. In modo particolare, la preoccupazione di gestire l'argomento con un certo "rispetto" sembra aver condizionato inevitabilmente regia e narrazione. Sarà per questo che il film, nonostante qualche vago tentativo rappresentato dalla modella in grado di partorire con un solo starnuto e dal gruppo di sostegno dei padri di Central Park, non riesce a utilizzare un'ironia scorretta in stile Le amiche della sposa né a identificare una nuova prospettiva su cui perdere almeno cinque minuti di riflessione.

In definitiva non bastano nemmeno la naturale esuberanza di Cameron Diaz, questa volta artisticamente appesantita e oscurata dal suo pancione, la bellezza di Jennifer Lopez, il fascino incontestabile di Rodrigo Santoro, la fama crescente di Matthew Morrison e il talento di Elizabeth Banks e Ben Falcone per ravvivare un racconto tanto frammentario quanto incapace di strappare una semplice risata. Ancora una volta, dunque, una sceneggiatura mal gestita e, soprattutto, scritta con enorme superficialità ha segnato il destino di una commedia dall'enorme potenziale. Alla coppia Cross/Hach va, in modo particolare, la colpa di aver accuratamente evitato elementi innovativi, senza rintracciare mai il coraggio di rompere gli schemi prefissati per raccontare tutta la dissacrante realtà che può nascondersi dietro pannolini e Teddy Bear. Invece che addentrarsi in un territorio sconosciuto ad altro rischio di critiche, le due hanno preferito aggrapparsi a un modello tradizionale riconosciuto in cui la maternità, difficile o incredibilmente facile, viene ancora vissuta come un obbligo sociale cui adempiere per essere una donna finalmente completa. Così, mascherato dai toni leggeri, si nasconde un giudizio sommario, un ricatto morale che la vecchia Hollywood rivolge a chi decide diversamente. A costoro, che siano uomini o donne, il futuro riserva una vita priva di significato e un eterno inevitabile oblio.

Movieplayer.it

2.0/5