Recensione Signorinaeffe (2007)

Il punto di vista di una donna su quegli anni raccontato attraverso la figura di un'altra donna, messo in scena attraverso il desiderio di vivere le passioni senza titubanze e di affrontare le conseguenze e le sconfitte delle proprie battaglie.

Autunno caldo per Valeria

Emma Martano (Valeria Solarino) è una ragazza del sud la cui famiglia operaia si è trasferita a Torino per via della Fiat. Suo padre ci ha lavorato per anni e lei, che sta per laurearsi in matematica, è stata assunta in azienda nel nuovo settore informatico. Per merito sì, ma anche per la sua relazione sentimentale con un giovane ingegnere dello stabilimento di Mirafiori, vedovo e con una figlia, che ha tutta l'intenzione di sposarla. Emma è una 'terrona', una che sin da quando era piccola ha lavorato sodo per cancellare le sue umili origini. Siamo nel settembre del 1980, l'automazione delle fabbriche ha portato una progressiva diminuzione dell'impiego operaio e la Fiat ha appena annunciato 14mila licenziamenti.

Mentre l'Italia operaia si mobilita per scioperare e solidarizzare con i compagni dimessi, Emma conosce Sergio (Filippo Timi), un giovane militante che lavora alle presse e tra i due nasce una passione travolgente, che metterà in discussione il futuro che la ragazza stava tentando di costruirsi. Tra picchetti di protesta e manifestazioni di piazza, iniziano 35 lunghissimi giorni di sciopero serrato con conseguente totale blocco della produzione e chiusura di tutti i reparti. Il tira e molla tra sindacati e dirigenti termina, dopo più di un mese di presidi e di scontri senza quartiere, con la marcia dei 40mila, manifestazione pacifica di impiegati e dirigenti di tutta Italia che si ritrovano nel capoluogo piemontese per rivendicare il loro diritto al lavoro.
Per tutta la durata dei disordini la ragazza vive un profondo cambiamento interiore, tanto che improvvisamente il suo lento e faticoso processo di ascesa sociale perde ogni senso. La rottura con la famiglia diviene inevitabile, almeno fino a quando il movimento operaio non viene sconfitto dalla prima manifestazione di piazza della classe dirigente. In pochi giorni Emma consumerà drammaticamente l'esperienza più importante della sua vita, perché l'amore tra lei e Sergio finisce esattamente quando gli operai perdono, quando i loro rappresentanti siglano un accordo che suona come una disfatta. Si chiude così l'epoca della cultura politica operaia, il movimento di massa più significativo della storia del Novecento.
Due passioni, una privata e l'altra collettiva, consumate nell'arco del mese che ha cambiato sostanzialmente l'Italia ma ha cambiato la città di Torino in maniera indelebile.

Nell'anno in cui Nanni Moretti prende in mano la direzione artistica, il Torino Film Festival sceglie di raccontare la Torino dei lavoratori, quella delle fabbriche e degli emigranti, quella che nel corso dei decenni ha cambiato l'economia del nostro Paese. Dopo l'emozionante documentario di Francesca Comencini, dall'eloquente titolo In fabbrica, il Panorama Italiano del festival presenta Signorinaeffe, l'atteso nuovo film di Wilma Labate, regista di documentari e lungometraggi da sempre impegnata nel sociale, che riprende il titolo da un documentario che ebbe modo di vedere qualche anno fa e che risale al 2001, dal titolo Signorina Fiat, diretto da Giovanna Boursier.

Prodotto dalla Bianca Film di Moretti insieme a Rai Cinema e ambientato nella Torino dei primi anni '80, il film racconta la Storia italiana, nonché lo stato confusionale delle famiglie operaie di quegli anni, attraverso una breve ma intensa storia d'amore. Come sfondo suggestivo di tutto questo la Fiat di quegli anni (delle fabbriche attuali si vedono solo i cancelli esterni) raccontati dai tg dell'epoca, dalle pagine dei giornali di quell'anno e dal materiale video delle Teche Rai. Il resto del film è girato per le strade della Torino di oggi, nei bar e nei ristoranti sul Po e alle presse di Rivalta.
Al centro della sceneggiatura di Signorinaeffe, scritta dalla stessa regista insieme a Domenico Starnone e Carla Vangelista, la storia di una ragazza fuori dai cliché odierni, una donna di carattere, un'identità contraddittoria e vera. Il punto di vista di una donna su quegli anni raccontato attraverso la figura di un'altra donna, messo in scena attraverso il desiderio, fortissimo e prorompente in quel periodo storico, di vivere le passioni senza titubanze e di affrontare le conseguenze e le sconfitte delle proprie battaglie. La "F" di questo film sta sì per Fiat, ma sta soprattutto per Femmina, per Forza lavoro e per Fortuna, quella per cui gli immigranti meridionali hanno abbandonato la loro terra e la loro famiglia per trasferirsi a Torino.

Dopo quei 35 giorni di dure lotte gli operai hanno iniziato a perdere la loro importanza, la loro rilevanza a livello sociale e politico, sono caduti nel silenzio più profondo. Ma le fabbriche ci sono ancora e gli operai anche, nonostante di loro non si parli più né in tv né sui giornali. Con la chiusura progressiva delle grandi fabbriche e dello smantellamento delle loro tracce dalle grandi città del nord, l'universo del lavoro non fa più notizia, ha perso di fascino e di importanza a livello mediatico. Ma per fortuna c'è ancora qualcuno, come la Labate e la Comencini, che non si arrende e sceglie di raccontare, che sia al passato o al presente, un mondo in cui il lavoratore manuale è stato ed è ancora protagonista.
A prescindere dallo stile e dall'estetica, questo film aiuta a comprendere meglio un periodo cruciale che gli adulti sembrano aver ormai dimenticato, e che soprattutto i ragazzi dovrebbero tenere ben presente. E' un atto di incoraggiamento per le nuove generazioni piene zeppe di disoccupati, un invito ad osservare come il lavoro dovrebbe essere un diritto e un dovere di tutti, non un privilegio di pochi.

Movieplayer.it

3.0/5