Recensione Killer Elite (2011)

Con Killer Elite, il regista esordiente Gary McKendry ci porta nei primi anni '80, nel cuore di una delle tante, piccole guerre combattute dagli stati occidentali per un pezzo di terra nel deserto posta sopra un mare di petrolio.

Assassini nati

Danny, mercenario e killer di professione, ha deciso di appendere la pistola al chiodo. L'ultima sua missione, svolta in un paese del Medio Oriente, ha finito per coinvolgere un bambino, e l'uomo si è reso conto di colpo dell'orrore di ciò che fa. Danny si ritira così in un luogo privato e taglia tutti i contatti con i suoi amici e colleghi di un tempo; un anno dopo, però, il suo compagno e mentore Hunter viene fatto prigioniero da uno sceicco dell'Oman, perché ha rifiutato una pericolosa missione. La vita di Hunter è in pericolo, e l'unico a poterla salvare è proprio Danny: per riuscirci, dovrà portare lui a termine la missione di Hunter, consistente nell'eliminare tre sicari che, anni prima, avevano ucciso i figli dello sceicco. I tre sono ex membri dei SAS, i Servizi Aerei Speciali britannici: la loro azione era stata compiuta nell'ambito della guerra segretamente dichiarata dal governo britannico allo stato dell'Oman. Una guerra non ancora del tutto chiusa, visto che tutti gli ex componenti dei SAS sono protetti da una segreta e spietata organizzazione paramilitare, quella dei "Feather Man".


Con Killer Elite (nessuna parentela con l'omonimo film di Sam Peckinpah del 1975) il regista esordiente Gary McKendry ci porta nei primi anni '80, nel cuore di una delle tante, piccole guerre combattute dagli stati occidentali per un pezzo di terra nel deserto posta sopra un mare di petrolio. E' molto azzeccata, in questo senso, la frase iniziale del film, che delinea il setting del racconto (accennando a un periodo di guerre, rivoluzioni e instabilità) per specificare solo alla fine che si parla del 1980: un'esplicita ammissione del fatto che, in oltre 30 anni, nulla di sostanziale sia cambiato, e che i problemi che allora iniziavano a delinearsi siano rimasti tutti sul tappeto. Il film di McKendry, peraltro, si ispira a eventi (in teoria) reali: usiamo la formula dubitativa in quanto il libro di Ranulph Fiennes The Feather Men, da cui la sceneggiatura trae spunto, racconta fatti che sono stati in parte smentiti dalle autorità inglesi, e restano comunque impossibili (per ora) da verificare, in quanto coperti da segreto di stato. Resta comunque verosimile, seppur inquietante, il quadro delineato nel film: una guerra segreta combattuta per ragioni economiche, portata avanti con metodi illegali e originante un intrigo di spie, mercenari, omicidi e ritorsioni che lascerà sul terreno molte vittime, anche innocenti.

Killer Elite si presenta comunque, da subito, come un action movie, e le velleità di indagine e ricostruzione storica lasciano presto il posto a robusti quantitativi di adrenalina e testosterone. La stessa scelta del protagonista, d'altronde (un Jason Statham che conferma ancora una volta tutta la sua prestanza fisica, ma anche la sua staticità di attore) lascia pochi dubbi a riguardo, mentre la presenza di una spalla come Robert De Niro (teoricamente in grado di aggiungere profondità e spessore attoriale al film) non farà che aumentare le perplessità sull'attuale fase della carriera dell'attore statunitense. Sul piano del ritmo, di fatto, il film di McKendry riesce a reggere discretamente bene i 116 minuti di durata, nonostante una trama che in corso d'opera si complica oltremodo, caricandosi di cliché da action muscolare che, nel 2012, appaiono sostanzialmente fuori tempo massimo. Al di là di una regia che in effetti, pur senza particolari guizzi, riesce se non altro a tenere viva l'attenzione dello spettatore, il problema del film è proprio uno script schematico e ricco di stereotipi; l'equilibrio ricercato tra la componente "di cronaca" mutuata dal libro, e il puro prodotto di intrattenimento viene subito meno in favore del secondo, ma anche su questo piano il film rivela di fatto molti limiti.
Al di là della scarsa capacità di Statham di dare vita al personaggio di un killer alle prese con problemi morali, e di un De Niro le cui capacità attoriali si rivelano compresse da un ruolo di scarso spessore, a non convincere è principalmente l'assenza di credibilità del tutto: tra dialoghi stereotipati e una sovrabbondanza di sequenze d'azione, inserite anche laddove non sarebbero necessarie, lo spettatore fa fatica a prendere sul serio il tormento di un personaggio bidimensionale, che, a giudicare dal suo comportamento, pare capitato a fare il sicario per caso. Nella seconda parte del film viene anche abbozzato il motivo del contrasto, fatto di posizioni specularmente simili, tra il protagonista e il suo antagonista principale, il capo dei SAS interpretato da Clive Owen: ma il tutto resta a un livello superficiale, e la sceneggiatura non ha neanche il coraggio (o la volontà) di andare a fondo nel delineare le analogie tra i due personaggi nei rispettivi ambiti. Tutta la pellicola, insomma, tra una scazzottata e un inseguimento acrobatico, non smentisce mai la sua sostanziale grana grossa: se la qualità della messa in scena, in sé, non è del tutto negativa (nonostante l'eccessiva lunghezza e il sovraccarico di sequenze d'azione) l'inconsistenza narrativa finisce per appiattire presto il tutto, generando anche, a tratti, un po' di umorismo involontario. Così, nonostante la noia non si intraveda quasi mai tra le maglie di un film il cui ritmo resta sempre abbastanza vivace, questo Killer Elite non lascia sostanziali tracce nella memoria dello spettatore: un peccato, dato il tema potenzialmente interessante, che tuttavia sarebbe probabilmente meglio approfondire attraverso la lettura del libro originale.

Movieplayer.it

2.0/5