Recensione Fight club (1999)

Fight Club è un film molto complesso, provocatorio la cui trama si presta a diverse interpretazioni e critiche.

Assalto al sistema

Fight Club è un film molto complesso, provocatorio la cui trama si presta a diverse interpretazioni e critiche; ciò che colpisce è il forte messaggio sociale di cui la pellicola si fa promotrice: una riflessione spietata sulla solitudine, sull'incomprensione, sulla rabbia repressa con conseguente depressione, di cui diviene preda inerme l'individuo, all'interno della consumistica società "occidentale".
La vicenda, narrata con accenti satirici e da commedia nera, mostra come il potere economico/politico riesca, attraverso una logica subdola e mistificatrice, ad intrufolarsi in qualsiasi momento della nostra esistenza e riduca l'umanità entro i limiti di uno schema sociale ben definito, in modo tale che le minoranze al potere possano dominare incontrastate su individui ridotti a pura passività, i quali credono di essere liberi e felici mentre vengono usati come pedine, in un gioco di interessi economici per il quale gli uomini sono solo strumenti di biechi profitti.

Fight Club nasce dall'inventiva dello scrittore Chuck Palahniuk, autore dell'omonimo romanzo pubblicato nel 1996. La storia, messa in scena dall'abile David Fincher, si snoda sotto forma di racconto, colui che parla è lo stesso protagonista il cui nome non viene rivelato. Il nostro eroe innominato trascorre la propria vita lavorando per una grande industria automobilistica, il suo compito consiste nel calcolare i danni degli incidenti stradali accorsi alle auto della sua società, indagare sui difetti delle automobili e decidere se alla compagnia convenga o meno ritirare i veicoli dal mercato, tutto ciò tenendo conto di una formula matematica e trascurando del tutto le vittime dei sinistri.
L'anonimo protagonista pare tranquillo, in fin dei conti ha tutto ciò che si potrebbe desiderare: un buon lavoro, un guardaroba firmato quasi completo, un appartamento che sembra appena uscito da una rivista patinata, possiede tanti oggetti pressoché inutili ma che lo gratificano immensamente, riempiono la sua perfettissima esistenza e gli danno la consapevolezza di essere, in quanto consumatore, un individuo a tutti gli effetti.
Per fortuna qualcosa, in questo perverso meccanismo, comincia a scricchiolare. Jack ( così chiameremo il nostro narratore) diviene succube dell'insonnia, una spia del malessere profondo che piano, piano lo comincia a tormentare. Ormai il disagio diviene insostenibile, Jack si rivolge ad un medico ma questi sottovaluta il problema, non gli prescrive nessun farmaco e lo invita a "toccare la vera sofferenza" recandosi alle riunioni per malati di cancro organizzate dalla chiesa metodista. Effettivamente Jack riesce a trovare un po' di pace frequentando i gruppi di supporto per i malati terminali, si spaccia per uno di loro, ascolta i loro discorsi, soffre con loro, si sfoga, piange, ritrova una dimensione più umana e vera, così una volta a casa, riesce a dormire come un bambino. Ma Jack non ha vinto la sua battaglia, una sottile inquietudine continua a manifestarsi: questa volta il problema è rappresentato da Marla Singer, "la grande falsona", anche lei si è infiltrata nei gruppi di sostegno, è una figura misteriosa, una donna che cerca in continuazione la morte...Marla è un vero incubo per Jack: da quando c'è lei, l'insonnia ritorna più atroce che mai.
Per caso, durante un viaggio aereo, il nostro anonimo insonne si imbatte nell'eccentrico Tyler Durden, un improbabile commerciante di saponette dalle tendenze anticonformiste e anarchiche.

Povero Jack! Sbarcato in aeroporto sarà raggiunto da due tragiche notizie: bagaglio sequestrato e appartamento inspiegabilmente saltato in aria. Che fare?
Qui comincia l'avventura, perché Jack contatterà Tyler e questi gli offrirà compagnia e alloggio. Durden vive in maniera del tutto fuori dal comune, ma Jack sembra trovarsi subito a suo agio... Tyler ha una propria filosofia di vita, si sente a modo suo un giustiziere, è spregiudicato, beffardo, intelligente e i suoi discorsi urticanti suscitano nell'animo di Jack un eccesso di entusiasmo e ammirazione incontrollati verso quel tipo, totalmente libero, che rappresenta e fa tutto ciò che Jack non ha il coraggio di azzardare.

La vita non può più continuare nel grigiore di sempre, bisogna agire, ribellarsi al sistema e cambiare, una volta per tutte, le carte in tavola! E' così che Tyler e Jack mettono in piedi il Fight Club, un circolo di combattimento clandestino, con l'intento di risvegliare, a colpi di pugni e calci, all'insegna della violenza più brutale, la coscienza assopita di tutti coloro che come Jack vivono una condizione di disagio. Grazie al passaparola gli affiliati al club non si contano più, formano un vero e proprio esercito e nuovi club nascono in varie zone del paese con compiti segreti, dettati di volta in volta dal capo Tyler (progetto Mayhem). Si susseguono con un'escalation di violenza, assalti e sabotaggi ai danni dei simboli del capitalismo moderno. Jack spaesato non riesce a capire più nulla, gli accadimenti si avvicendano con gran rapidità. Alla fine, Jack si scuote dallo stato di alterazione psichica in cui si trova, prende coscienza di sé, oramai il suo viaggio doloroso e allucinante alla ricerca della libertà volge al termine. L'ultimo combattimento non è più sul piano fisico ma si sposta su quello mentale. Con tutto il coraggio che gli rimane affronta Tyler, il lato oscuro che per troppo tempo è rimasto celato, e lo sconfigge non temendolo più.

David Fincher è uno dei cineasti più innovativi del momento, con questa pellicola crea un modo alternativo di fare cinema e concepire un film. Come nei suoi lavori precedenti anche qui ritroviamo le ossessioni tipiche del regista ovvero: la morte, il fatalismo e la paranoia, elementi che miscelati con attenzione creano un'opera altamente sperimentale, che esplora con genialità, sarcasmo e una buona dose di cinismo, aspetti della vita reale ridotta com'è ad un universo surreale animato da persone vittime della desensibilizzazione e della disumanizzazione volute dalla società in nome della mercificazione totale.
Il cammino allucinante di Jack è senza via di scampo, fugge da una realtà che lo ha progressivamente annientato, passando per il distacco e la ribellione, per poi ritornare, in un certo qual modo, al punto di partenza. Credo che la provocazione del film sia proprio questa: constatare amaramente che siamo tutti, americani e non, sull'orlo di un baratro, abbiamo perso ogni tipo di equilibrio e di valori, il caos è imperante e la destabilizzazione è forte a livello mentale, pare impossibile trovare un via di fuga plausibile, possiamo criticare il sistema, ma in verità nessuno vuole o si trova nella condizione di cambiarlo: chi sarebbe in grado di distruggere tutto e ricominciare da capo?

La pellicola inizia con un grandioso espediente, grazie al computer viene realizzato un primo piano della pelle di Jack, cioè l'inquadratura parte da sotto la pelle per poi arrivare alla pistola che qualcuno punta dritta nella bocca del protagonista. Ma come mai ci troviamo in quella spiacevole situazione? Ebbene tutta la vicenda ci verrà spiegata dalla voce dello stesso Edward Norton seguendo una struttura narrativa affatto lineare dal punto di vista cronologico, riflettente lo scombussolamento psicologico del narratore, che crea grande tensione e curiosità nello spettatore. La prima parte del film è la più accattivante, perché grazie a varie trovate cinematografiche ed effetti speciali si riesce ad avere una immedesimazione di notevole impatto con le esperienze vissute da Jack e i passaggi più significativi vengono evidenziati con l'intento di scioccare il pubblico e renderlo attento. In ogni sequenza si cela una sorpresa, distrarsi non è concesso altrimenti si perderebbero sorprendenti movimenti di camera, elementi extradiegetici e inquadrature subliminali. L'atmosfera è dark, quasi tutte le scene sono notturne o illuminate da luci al neon, verdognole che conferiscono effetti di "angoscia cromatica". In certe sequenze elaborate con l'apporto del computer sembra di trovarsi all'interno di un video game, gli effetti speciali si sprecano e la tensione sale mentre Jack scende nella spirale di tenebre e follia da lui stesso creata. Man mano che il progetto Mayhem viene realizzato il film perde un po' dello smalto iniziale e recupera di gran lunga negli ultimi spiazzanti 15 minuti. Una volta tanto gli effetti speciali sono funzionali alla storia e non un modo per sopperire alla mancanza di idee e contenuti, come spesso capita all'industria cinematografica americana.
Un altro elemento fondamentale per la riuscita del film viene ad essere la colonna sonora, realizzata dai Dust Brothers, già produttori dei Beastie Boys e di Beck, che utilizzano un mix elettronico di basi hip hop perfette per l'atmosfera straniante che si intende realizzare. La traccia dal titolo " This is your life" si avvale della voce dello stesso Brad Pitt.