Antonietta De Lillo su Il resto di niente

La regista napoletana racconta in conferenza stampa la complessa genesi di questo film, tratto dal romanzo di Enzo Striano.

Dopo il passaggio in una versione non ancora definitiva all'ultima Mostra del cinema di Venezia, arriva nelle nostre sale il nuovo film di Antonietta De Lillo, Il resto di niente, basato sull'omonimo romanzo di Enzo Striano. Prodotto dalla Factory e distribuito dall'istituto Luce, il film è il racconto di un'utopia, quella di un gruppo di giovani che nel 1799 diede vita ad una rivoluzione per regalare la felicità ai napoletani e costruire per loro una Repubblica basata sull'ideale di una più moderna distribuzione del lavoro e della ricchezza. Tra i suoi protagonisti Eleonora Pintemel Fonseca, interpretata dalla regista-attrice Maria De Medeiros, che a poche ore dalla sua impiccagione ricorda i sentimenti, le spinte emotive e le ragioni profonde che animarono lei e i suoi compagni. A presentare il film alla stampa romana sono oggi la regista De Lillo e la protagonista De Medeiros.

Il suo è un film su un'utopia che lei descrive come effimera, ma che contiene delle domande di grande attualità. Duecentosei anni dopo ha un senso fare un film sul breve periodo della Repubblica partenopea? Antonietta De Lillo: L'attualità del film è nell'attualità del romanzo. Quando nel 1997 incontrai la moglie di Striano le dissi che avrei stravolto il libro, ma che sarei rimasta fedele al suo sentimento, al suo spirito. Ho seguito Striano nel voler raccontare le emozioni e l'energia di questi ragazzi nobili, colti, che hanno creduto talmente tanto in un'utopia da morirci. Questa cosa mi ha commosso profondamente e credo che sia necessario oggi ricordarsi di quel che hanno fatto e di riacquistare un senso etico, ma anche utopico della vita. Penso che sia il libro che il film ci restituiscono questo bisogno che appartiene a tutti noi. Credo che il mio sia un film importante che merita un pubblico perché è un lavoro collettivo, che nasce dall'energia che mi hanno dato tutti quelli che vi hanno collaborato. E' un film necessario grazie agli altri, non grazie al mio lavoro.

Durante la lavorazione del film vi siete basati solo sul libro o vi siete anche avvalsi di una consulenza storica? Antonietta De Lillo: Io e il mio aiuto regista abbiamo letto molti libri prima di iniziare a lavorare al film. Come in tutti i romanzi le figure storiche e quelle inventate si mescolano, l'importanza della documentazione è decisiva, ma anche la libertà di metterla dentro un romanzo.

Perché ha deciso di fare il film puntando quasi solo sulla disfatta? Antonietta De Lillo: La vittoria è stata un respiro, la sconfitta molto più di un respiro. Il libro come il film racconta la sconfitta dell'utopia, la tragedia dell'inseguire un mondo più felice senza riuscirci.

Quanto è ancora forte il ricordo di Eleonora Pimentel De Fonseca nei napoletani? Antonietta De Lillo: Credo che il valore dei personaggi della Repubblica napoletana e di Eleonora sia staccato dalla storia. E' importante far conoscere questi personaggi che hanno avuto forse poco peso storico, ma un grosso valore culturale. Questo è un film antistorico nel senso che abbiamo voluto avvicinare i personaggi il più possibile a noi. Stravolgere il romanzo è un'idea nata nella scrittura. Ho pensato subito di concentrarmi sul personaggio di Eleonora, la cinepresa è chiamata infatti a sostituire il suo cuore. Questo film se da una parte è molto pensato dall'altra ha saputo accogliere tutte le suggestioni che la città e gli abitanti di Napoli hanno dato.

Com'è nata l'idea dei disegni presenti durante il film? Antonietta De Lillo: All'inizio pensavo di utilizzare dei quadri, ma poi ho pensato di rendere il film più moderno, più anarchico, meno dentro a un'idea convenzionale. Non volevo raccontare la storia attraverso i combattimenti, i personaggi, ma attraverso i disegni. Ho incontrato Oreste Zevola che è un disegnatore straordinario che ha accettato questa vera e propria scommessa senza neanche conoscere bene il progetto e si è messo subito a disegnare.

Signora De Medeiros, perché ha voluto fare questo film? Maria De Medeiros: Questa è la mia seconda rivoluzione. Lavoravo a quella dei garofani per Capitani d'aprile ed è arrivata un'altra rivoluzione, quella napoletana. All'inizio non è stato facile perché capivo molto male l'italiano e ancora peggio il napoletano. Quando ho letto la sceneggiatura non ho capito quasi niente, ma mi sono subito resa conto che era molto bella. Poi ho imparato l'italiano, ho letto il libro di Striano e mi sono innamorata di questa storia. Eleonora Pintemel De Fonseca è un personaggio che mi affascina molto e devo ringraziare Antonietta per avermela fatta conoscere, perché io, come molti portoghesi, non conoscevo questo personaggio straordinario.