Recensione MissTake (2007)

Il grottesco si mischia al surreale in una storia fatta di tradimenti, bugie, sordidi intrighi e un feroce desiderio di accaparrarsi soldi e potere.

Anna Valle Lady Killer

Anna Valle nei panni di una spietata assassina... può suonare strano ma la ex Miss Italia versione Lady Killer non è che una delle stravaganze di MissTake, nuovo film prodotto e interpretato dal marito dell'attrice, Ulisse Lendaro, e diretto dal regista televisivo Filippo Cipriano.
Il grottesco si mischia al surreale in una storia fatta di tradimenti, bugie, sordidi intrighi e un feroce desiderio di accaparrarsi soldi e potere. La storia è ambientata in una nobile villa Palladiana nella campagna veneta, dove un gruppo di assurdi personaggi si ritrovano in occasione del compleanno della contessa padrona di casa, tutti in attesa e con la sfacciata pretesa di essere scelti per il passaggio di proprietà del prestigioso immobile. La noblesse oblige è infatti al verde ed è costretta a vendere la propria villa patronale al miglior offerente. Purtroppo a questa riunione di falso convivio amichevole non ci sono solo compratori senza scrupoli in ballottaggio con denaro e offerte al rilancio, la cena è popolata da nemici di vecchia data che mettono sul piatto della disputa anche parentele, antiche amicizie, scheletri nell'armadio, quindi minacce e complotti.

La protagonista è Frida (Anna Valle), la nipote del conte, che per colpa del marito è indebitata fino al collo e attende di ricevere dagli zii la sua meritata eredità. C'è un vecchio prete, don Aldo (Guido Palliggiano), dallo sguardo diabolico e la lingua biforcuta che nasconde dietro un falso atteggiamento da uomo pio un visibile interesse venale bramando, non meno degli altri, il possesso della casa. Siedono poi alla tavola un ricco e spudorato omosessuale (Marco Massari) coperto da una benda perché senza un occhio, orpello con cui impreziosisce dentro una palla di vetro la testa del suo bastone. Uomo ambiguo e viperesco che non perde occasione per sferrare battute velenose verso il resto dei commensali e che, a dimostrazione della sua ostentata ricchezza, si porta dietro come servitù due ragazzotti di bell'aspetto, uno dei quali è diventato suo pupillo ed amante. Rancori e passate acerrime antipatie legano gli invitati, ma è il nuovo arrivo che sbalordisce tutti, a cavallo di una Ferrari rossa fiammante fa il suo ingresso sguaiato nella villa uno sconosciuto miliardario (un ultra kitch Remo Girone), un rozzo arricchito con a seguito una volgarissima fidanzata ventenne a cui ha promesso la proprietà della casa per il loro matrimonio.
La tensione in attesa dell'arrivo del conte che ha annunciato di dover dare a tutti un'importante notizia cresce tra gli invitati trepidanti e il lato malefico di ognuno, nello stress generale, emerge in tutta la sua più schietta crudeltà. Nello stesso tempo il nobile zio, dalla scrivania di camera sua, sposta delle pedine su un tavolo da gioco, come per scandire con tiri di dado il percorso dei personaggi nella storia, incasellati nei loro misfatti e sordidi piani.
A cominciare da piccole scommesse per poi passare a litigi, offese e recriminazioni, la situazione perde pian piano ogni controllo e il gioco per aggiudicarsi quelle quattro lussuose mura diventa così una lotta spietata all'ultimo sangue.

Nessuna morale per MissTake, solo una continua ricerca di stupire con un grottesco purtroppo quasi mai divertente, con una recitazione d'impostazione classica teatrale che appare fastidiosamente artificiosa e trasforma l'intero racconto in una pièce di seconda categoria in versione filmata. Originalissimi e di grande impatto sono gli effetti speciali, a cui va il maggior merito del film, quello di portare avanti il tentativo di creare un impianto narrativo del tutto nuovo ed inedito, soprattutto per un film italiano. Malgrado il modo in cui sono giostrate le immagini possa affascinare, la costruzione dei personaggi e la gestione degli attori con rigide interpretazioni melodrammatiche distruggono del tutto le virtù del film e ne soccombono il valore e la soddisfazione/sopportazione del pubblico in sala.
Se proprio si intendeva giocare sulla contrapposizione della classicità del teatro con la modernità degli effetti visivi cinematografici si doveva puntare sulla forza tagliente dei dialoghi che invece sono stridenti, banali e inconcludenti come la lama di un cortello non affilata.