Recensione Romancing in Thin Air (2012)

Ci sono generi cinematografici che evidentemente non sono proprio nelle corde di determinati autori, e possiamo affermare che questo è il caso di generi come la commedia e il dramma sentimentale per il cinema di Johnny To.

Amore ad alta quota

Michael Lau è una star del cinema hongkonghese, che dopo tante soddisfazioni lavorative sta per coronare il suo sogno personale, sposando la sua fidanzata attrice. Inaspettatamente, però, la donna ha un ripensamento proprio sull'altare, al momento di dire il fatidico sì: approcciata all'improvviso da un suo vecchio amore, conosciuto ai tempi dell'infanzia, abbandona sul posto Michael e decide sul momento di fuggire con questi. Per l'attore è un colpo terribile, e il crollo psicologico è totale: Michael inizia a bere e si rifugia in una baita di montagna, dove conosce la responsabile della struttura, la bella Sue. Anche Sue deve fare i conti con una ferita mai rimarginata, forse ancora più profonda: suo marito, sette anni fa, uscì nei boschi per cercare una ragazzina dispersa e non fece mai ritorno. I due potranno forse darsi un sostegno reciproco, ma per far questo Michael dovrà combattere la sua dipendenza dall'alcol, e Sue accettare definitivamente la scomparsa di suo marito.

Ci sono generi cinematografici che evidentemente non sono proprio nelle corde di determinati autori, e nel 2012 possiamo dire abbastanza tranquillamente, e senza tema di smentite, che questo è il caso di generi come la commedia e il dramma sentimentale per il cinema di Johnny To. La cosa può apparire paradossale, considerato che il regista di Hong Kong, noto principalmente per i suoi straordinari noir, ha esplorato tali generi più volte nella sua carriera, ottenendo sempre buoni riscontri di pubblico: ma To è sempre stato molto onesto, a riguardo, dichiarando esplicitamente, e più volte, di girare certi film solo per aver poi la possibilità di proporre progetti più personali, quelli che considera realmente suoi. Non fa eccezione, e anzi conferma ancor più il disagio del regista quando è alle prese con certi registri, questo Romancing in Thin Air, presentato in anteprima nella quattordicesima edizione del Far East Film Festival.
Più che sui registri prettamente comici di alcuni suoi prodotti analoghi (i recenti Yesterday Once More e Don't go breaking My Heart) To sceglie qui di concentrarsi sulle dolorose storie dei due protagonisti (che hanno rispettivamente i volti di Louis Koo e Sammi Cheng) mettendo in evidenza il percorso di caduta e rinascita di Michael e quello di dolorosa accettazione della perdita di Sue. Il problema è che, al di là delle molte ingenuità dello script, i toni melò sembrano essere, per il regista di Hong Kong, ancora più ostici di quelli puramente comici: la narrazione scorre via in modo risaputo e poco spontaneo, l'enfasi patetica di alcuni passaggi fatica ad essere presa sul serio, e gli stessi percorsi paralleli compiuti dai due protagonisti appaiono forzati e poco approfonditi. E' un film che vorrebbe mostrare un lato del cinema di To più introspettivo, più teso ad affidarsi alla scrittura e alla recitazione, ma sfortunatamente è soprattutto la prima (opera anche stavolta di Wai Ka-Fai) a non brillare propriamente per qualità; d'altra parte, la stessa regia di To appare svogliata, non presentando guizzi particolari o momenti che si lascino ricordare.

Se si vuole trovare qualche punto a favore di un film come Romancing in Thin Air, ennesima pellicola palesemente "alimentare" nella filmografia del maestro di Hong Kong, si può citare senz'altro il fascino dell'ambientazione, così insolita per il suo cinema (e più in genere per quello cantonese) e una generale cura scenografica e di confrezione, comunque non nuova per i suoi film. Va sottolinato poi l'abbozzo, negli ultimi minuti, di un discorso metacinematografico che, se sviluppato, poteva dare sicuramente adito a risultati più interessanti. Così com'è, questa pellicola resta un ulteriore episodio in fondo trascurabile di una filmografia ricca di capolavori, che continua a presentare anche opere pensate esclusivamente per il pubblico, in cui spesso è lo stesso regista il primo a non credere. Chi conosce e ama il suo cinema, tuttavia, ha più di una ragione per essere fiducioso, e per credere che di opere di ben altro spessore, negli anni a venire, continueremo senz'altro a vederne.

Movieplayer.it

2.0/5