American Gods, Head full of Snow – La neve degli uomini dentro il fuoco degli dei

Visionario e spiazzante, il terzo episodio della coraggiosa serie Amazon introduce nuove forze divine, suggestiona con altri spazi immaginari e interroga l'essere umano sul senso della fede. Senza tralasciare un clamoroso colpo di scena finale.

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Un murales sulla parete di un palazzo di periferia e una frase scritta a penna su un libro antico. Sui muri come sulle pagine capeggiano le stesse parole: da qualche parte in America. Ed proprio lì che American Gods punta il dito: da qualche parte in America. Senza focalizzarsi su uno luogo preciso, la serie tratta dal romanzo neo-mitologico di Neil Gaiman non offre punti di riferimento saldi, non ancora lo spettatore ad una storia lineare come una lunga strada ben asfaltata, ma vaga tra le case degli uomini e i cieli degli dei, ama passare delle miserabili vite mortali allo strapotere ancestrale di miti redivivi. American Gods azzarda sguardi universali che spiano nelle case delle persone comuni da uno spioncino per poi aprirsi verso infinite volte celesti. In linea con lo spirito della serie, anche questo terzo episodio intitolato Head full of Snow mischia l'umano con il divino; a volte li oppone altre li fa incontrare con le parole, con le mani o con il sesso.

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Nell'episodio precedente avevamo lasciato l'ex galeotto Shadow alle prese con una lunga partita a dama contro il fetido Czernobog. In palio c'erano la vita del primo e la partecipazione del secondo al misterioso piano ordito dal mellifluo Mr. Wednesday. Shadow aveva miseramente perso e adesso un lungo martello assetato di sangue non vede l'ora di incontrare il suo cranio. Prima di conoscere il destino del nostro neo-vedovo, però, David Slade ci tiene ad aprire nuovi squarci sul popolato mondo divino tutt'altro che dormiente. Così, American Gods ci chiede di alzare la testa, sgranare gli occhi e guardare oltre quello che vediamo.

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Strappami il cuore, mio dio

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Basta il più sciocco dei pretesti per farci scoprire un mondo altro. Un mondo che esiste oltre noi, dopo di noi, sopra di noi. Una banale caduta casalinga è il via libera per la grande entrata in scena del dio Anubi, divinità egizia custode delle necropoli e signore del regno dei morti. Colui che pesa il cuore dei defunti su una bilancia per valutarne la dignità dell'anima. Il mondo immaginifico di American Gods, però, per quanto potente ed esasperato, tenta di avvinghiarsi il più possibile al mondo reale e lo fa in tantissimi modi: travestendo dei da umani, camuffando il divino da quotidiano e collegando i palazzi con il cielo. Per questo Anubi conduce una donna appena morta nell'aldilà iniziando la sua scalata fuori da un comunissimo appartamento statunitense, salendo lungo scale infinite che portano dentro uno spazio mistico che sembra fuoriuscito da un dipinto di Salvador Dalí.

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Dei e uomini sono connessi, posso toccarsi e sfiorarsi in tanti modi diversi, e Head full of Snow parla soprattutto di questo: del bisogno atavico di affidarci ciecamente a qualche entità altra. Che sia dopo morte o in vita, il terzo episodio di American Gods fa della fede uno slancio naturale verso la definizione dell'uomo attraverso il divino, in un rapporto di connessione viscerale ed intima. Se Anubi strappa cuori, un'altra entità sovrannaturale penetra dentro gli uomini attraverso appassionati rapporti sessuali. È questa l'entrata in scena scelta per Jinn, figura divina della cultura pre-islamica e mussulmana che sputa fuoco dalle palpebre. Così questo terzo episodio, invece di portare avanti il viaggio on the road di Shadow e Mr. Wednesday, invita altre importanti pedine nella sua enorme scacchiera. Ancora presto per capire chi sia bianco e chi sia nero. Ammesso che le distinzioni tra Bene e Male siano davvero così nette e fondamentali.

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Partire o restare

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Si gioca tanto a dama in American Gods. E non a caso. Sì, perché il nostro protagonista Shadow, oltre ad essere giocatore in cerca di rivincite (nel gioco da tavolo così come nella vita) è soprattutto un pezzo nelle mani del misterioso Mr. Wednesday; un personaggio ancora disorientato, confuso, incredulo, e per questo perfetta incarnazione dello spettatore. Uno dei meriti maggiori di questo avvio di stagione risiede proprio nella capacità di far coincidere il nostro punto di vista con quello di Shadow, di farci sentire in un folle labirinto proprio come lui, costretti a credere ad un mondo la nostra testarda razionalità non ritiene possibile. American Gods, senza mai supplicarci in ginocchio, ci chiede con sguardo severo di abbandonarci a lui armati di sospensione dell'incredulità. È questo quello che chiede Mr. Wednesday a Shadow in Head full of Snow: di lanciarsi nel vuoto ad occhi chiusi e braccia a aperte, di smettere di scindere la realtà dall'immaginazione più visionaria e sognante. Mentre i due protagonisti confermano l'alchimia tra un personaggio puramente corporeo e uno prettamente psicologico, questa puntata di American Gods vale come una sosta in autogrill. La serie ci guarda negli occhi, ci mostra quanto è vasta la sua mappa e quanto lontano potrebbe portarci. A noi scegliere se continuare il viaggio o scendere. Se credere o chiudere.

Movieplayer.it

3.5/5