American Gods 2x08, la recensione: paura, addii e luce tra le ombre

La recensione di American Gods 2x08: Moon Shadow chiude questa seconda stagione con un episodio accelerato e pieno di importanti rivelazioni.

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American Gods: Ricky Whittle in una scena del finale della seconda stagione

Ombra e luce nel nome e cognome. Opaca, tenue, misteriosa, lunare, ma pur sempre luce. Giunti alla fine del viaggio, apriamo questa recensione di American Gods 2x08 prendendo in mano la carta d'identità di Shadow Moon, accorgendoci che quel nome e cognome valevano come indizi avuti sotto il naso per 16 episodi. L'uomo comune, il burattino di Odino, lo spaesato umano divenuta morbida argilla nelle mani degli idei. Tutti loro ci avevamo mostrato soltanto una faccia della luna. Ne avevamo esplorato ogni debolezza, ci eravamo gettati in tutti i suoi crateri: una madre persa troppo presto, un'America che accoglie un ragazzo solo, una moglie amata che lo tradisce incrinando per sempre la sua fiducia.

Grande, forte e grosso, certo, ma di Shadow Moon avevamo imparato a conoscere soprattutto le crepe che lo rendevano umano. Ci siamo chiesti a lungo perché Mr. Wednesday avesse scelto lui, perché fosse stato coinvolto in questa guerra tra Nuovi e Antichi dei che assomiglia sempre più a una cervellotica partita a scacchi. Adesso sappiamo che Shadow è tutto fuorché uno qualunque, ma un semidio, un prescelto che in questo episodio che ne porta il nome (non a caso ribaltato come a ribadire l'importanza della rivelazione) spezza l'ultimo legame con la sua vita passata, quella terrena e piena di dolore. Succede tutto in un finale di stagione tumultuoso, segnato da un ritmo accelerato ma a tratti sin troppo frettoloso.

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American Gods: Yetide Badaki nel finale della seconda stagione

Giunti al traguardo di una seconda stagione intrigante ma non priva di difetti, emerge forte la sensazione di aver perso troppo tempo lungo la strada. Troppe stazioni di servizio in cui fermarsi e poche marce ingranate. Ecco perché Moon Shadow ci appare come un finale compresso, in cui accadono troppe cose tutte assieme. Il che non toglie ad American Gods la capacità di risultare affascinante anche quando si mostra con la luna storta.

La paura non è astratta

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Media nel finale di American Gods 2

Il potere delle storie, il senso della paura, citazioni di Orson Welles. Tra gli aspetti migliori di questo finale di stagione c'è senza dubbio il bellissimo prologo affidato alle sibilline parole di Mr. World. Se finora i Nuovi dei sono stati sin troppo a guardare, lasciando maggiore spazio alle peripezie dei loro Antichi colleghi, Moon Shadow ci mostra finalmente cosa sono in grado di fare gli idoli contemporanei. Media e Technical Boy uniscono le forze, fanno impazzire il mondo, colpiscono prima il mondo sempre più astratto e digitalizzato dell'economia e poi quello malleabile dell'informazione. Con un'abile mossa i Nuovi dei mettono alle strette Shadow e Mr. Wednesday trasformandoli in criminali ricercati da mezza America. Ci riescono grazie a false notizie e racconti stracolmi di terrore spettacolarizzato. Ed è qui che si inserisce il lucido monologo di Mr. World sullo storico potere della paura. Se la paura diventa una storia a cui tutti credono, se il timore vola sulle ali della narrazione, diventa subito virale, potente, terrificante.

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American Gods: Orlando Jones nel finale della seconda stagione

Chi manipola la paura ha in mano il mondo, perché la paura è controllo, caos controllabile soltanto attraverso la promessa di sicurezza. American Gods riflette su un tema tragicamente caro agli americani (e al mondo occidentale) rifiutando l'idea che la paura possa essere qualcosa di astratto e inconsistente, perché tutto ciò a cui crediamo finisce per diventare più vero del vero. Dunque perché la paura non dovrebbe essere reale? Lo sanno bene Shadow e Mr. Wednesday (a sorpresa quasi del tutto assente dal gran finale), braccati proprio dalla paura che i Nuovi dei li hanno vestito addosso con grande cura. Però, sembra che il cuore pulsante di questo episodio vada al di là del conflitto divino, perché preferisce soffermarsi sull'anima inquieta dell'uomo meno comune che ci sia sulla faccia della Terra.

Nei crateri di Shadow Moon

La sposa cadavere vede il mondo in bianco e nero. I suoi occhi vedono soltanto una luce e una soltanto: quella emanata da Shadow. La putrefatta Laura Moon non ha fatto altro che rimettersi sulle tracce dell'amato (?) marito per tutta questa stagione. Finalmente il tanto agognato faccia a faccia tra i due arriva sotto forma di amara resa dei conti. Avviene tutto in un cimitero, con due vecchi innamorati che si parlano tra le lapidi, esplicativa metafora del amore ormai defunto. Capiamo che quel cercarsi era forse figlio del senso del dovere più che del sentimento, di un senso di appartenenza passato e ormai svanito, perché Shadow e Laura sono lontani, cambiati, entrambi rinati agli antipodi l'uno dell'altra. Shadow ammette di non potersi più fidare di una donna che lo ha tradito più volte. Laura sembra persino piangere Mad Sweeney con un trasporto che va oltre la stima e l'amicizia. Il loro cuori sono altrove, il loro saluto è inevitabile.

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American Gods: Ricky Whittle nel finale della seconda stagione
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American Gods: un primissimo piano di Ricky Whittle nel finale della seconda stagione

Non sappiamo se queste scorie, queste schegge, ricadranno anche sulla terza stagione, ma è certo che il cammino di Shadow ci appare sempre più solitario e intimo, con un uomo che finalmente inizia a guardarsi dentro e a rimettere insieme i pezzi del suo ultimo, folle periodo di vita. American Gods si congeda sul più bello, proprio quando la tanto decantata battaglia divina (certamente tirata troppo per le lunghe nelle sue infinite premesse) sembrava entrata nel vivo. Come vi abbiamo sempre "confessato", però, American Gods ci ha ormai abituato a spiazzarci tra vette e perplessità, gradite sorprese e delusioni. American Gods non è serie tv da mezze misure. O la accogli o la respingi. E noi, saremo ancora qui, fedeli a uno show diverso da tutti gli altri e uguale a nessuno. Pronti a perderci ancora tra le luci e le ombre di un'America che sarà anche divina, ma non sarà mai santa.

Conclusioni

Come avrete capito leggendo questa recensione di American Gods 2x08, ci saremmo aspettati di più da questo finale sin troppo compresso e frettoloso. Colpa di una seconda stagione affascinante, intrigante, ma non priva di episodi che hanno girato a vuoto. Questo Moon Shadow, stracolmo di eventi, fa finalmente luce sulla natura del nostro disorientato protagonista e ci ferisce quando Shadow e Laura sanciscono al fine del loro amore. E mentre i Nuovi dei mostrano i muscoli e ci raccontano la paura, American Gods dimostra ancora una volta le sue potenzialità. A volte espresse, altre no. Noi, fedeli a questo show unico, saremo ancora qui per raccontarvi una terza stagione che aspettiamo con impazienza.

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • Il dolente faccia a faccia tra Shadow e Laura.
  • Il bellissimo prologo sul senso e il potere della paura.
  • La scelta di mostrare le potenzialità destabilizzanti dei nuovi dei.

Cosa non va

  • Il ritmo dell'episodio è così concitato da risultare spesso frettoloso.
  • La serie ci saluta sul più bello. Un leggero amaro in bocca è inevitabile.