Aloft: Claudia Llosa e il suo grande cast a Berlino

In concorso alla 64a Berlinale è stato presentato il nuovo lavoro della regista peruviana, che ha incontrato la stampa insieme al produttore del film e agli interpreti Mélanie Laurent, Jennifer Connelly e Cillian Murphy. 'Credo che tra le varie linee guida, il filo conduttore del film sia proprio il perdono', ha dichiarato la Llosa.

Attesissimo ritorno alla Berlinale della regista Claudia Llosa, nipote dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, trionfatrice proprio a Berlino nel 2009 con Il canto di Paloma, e che ritorna in concorso con un'opera dall'ambientazione completamente diversa: la provincia del Manitoba in Canada, che coproduce insieme a Spagna, Canada, Francia e Promperù. Una produzione internazionale per un cast altrettanto internazionale, con la francese Mélanie Laurent, l'irlandese Cillian Murphy, il baritono inglese William Shimell, ma soprattutto la protagonista vincitrice di un Oscar l'americanissima Jennifer Connelly. Regista, cast e produttori hanno incontrato insieme la stampa a Berlino per presentare il film.

Voi avevate visto gli altri film di Claudia prima di accettare di partecipare a questo? Jennifer Connelly: Sì, avevo visto Il canto di Paloma, un film incredibile, per cui la possibilità di lavorare con Claudia mi ha subito entusiasmato.
Cillian Murphy: Era un film con una sceneggiatura eccezionale, come questo del resto, per cui è stata una grande opportunità per me.
Mélanie Laurent: Ho incontrato Claudia a Parigi ed è nato subito un rapporto speciale, mi sono innamorata della sceneggiatura non appena l'ho letta.

Jennifer, per il tuo ruolo di madre hai dovuto lavorare con due bambini. Ci sono scene emotivamente molto intense, hai stabilito un legame personale con i bambini anche fuori dal set che poi hai trasferito sulla scena? Jennifer Connelly: In realtà ho cercato di lasciare a Claudia l'impostazione del lavoro con i bambini. Le scene, alcune specialmente sono state davvero difficili, stressanti ed emotivamente coinvolgenti. I due bambini sono stati eccezionali, sono fratelli anche nella vita, e credo che si siano trovati a loro agio sul set anche per questo, c'erano i genitori con loro tutto il tempo che li incoraggiavano.

Abbiamo visto diverse linee guida all'interno del racconto, qual'è quella principale secondo te Claudia? Qual'è il messaggio del film? Avevi l'obiettivo di commuovere? Claudia Llosa: Penso che l'obiettivo di un regista sia più quello di porre delle domande piuttosto che di fornire risposte. Credo che il film parli di come riuscire a canalizzare le differenti emozioni che proviamo nella nostra vita, questa è una traccia; ma soprattutto penso che sia un film che parla di un grande atto di perdono. In un'epoca in cui non sappiamo più in che cosa credere, riuscire a perdonare è un atto che ha del miracoloso. Credo che il fil rouge del film sia proprio il perdono.

Cosa simboleggiano le architetture che la protagonista e il guaritore costruiscono?
Ha tutto ha che fare con l'idea di canalizzare i sentimenti e le emozioni. La natura in mezzo alla quale viviamo, è come se attraverso i suoi elementi, i rami, gli alberi, facesse da conduttore per tutta l'energia che ci gira intorno, che possiamo incanalare, fare arrivare al nostro corpo e ritrasmettere. E' come se rami che vediamo nel film fossero una serie di cavi elettrici che ci circondano attraverso i quali passa l'energia.

Anche questo film è frutto di una coproduzione internazionale, Spagna, Canada, Francia: vorremmo chiedere al produttore esecutivo se questa è veramente una tendenza come sembriamo riscontrare specialmente a questa Berlinale? Mark Johnson: credo che oggi sia praticamente impossibile dire a che nazionalità appartenga un film, tutte le produzioni sono necessariamente di carattere internazionale, è davvero difficile trovare un film che possa essere definito nazionale. Oltre ai paesi produttori, per trovare i fondi ci si avvale del supporto di vari coproduttori la cui provenienza può essere la più disparata, e questo si riflette anche nella casting: qui abbiamo attori francesi, irlandesi, americani, e una regista peruviana, per questo tra i coproduttori risultano anche Media e Promperù.
Cillian Murphy: Spero che anche in Irlanda questo film possa essere visto da molte persone. Quello che dice Mark è vero, era un cast internazionale, ma alla fine in questa Torre di Babele ci capivamo tutti quanti. Credo che la cosa importante é che alla fine le storie che si raccontano sono universali, non importa in che parte del mondo si svolgono.
Perché la decisione di girare in un ambiente così estremo ed ostile? Claudia Llosa: Questo tipo di ambiente ci ricorda quanto è importante la natura che ci circonda e quanto siamo legati a lei, quanto dipendiamo da lei. Vivendo in città ci si dimentica quanto siamo connessi e quanto dipendiamo dalla natura.
Mélanie Laurent: Penso che l'ambientazione del film in un posto così freddo ed estremo sia voluta proprio per mettere in evidenza il bisogno di calore umano dei protagonisti: persone che cercano calore e connessione nel posto più freddo della terra.

E, a proposito, c'è una scena molto bollente tra te e Cillian.
Si, è stato un buon modo per scaldarsi in mezzo a tutto a quel freddo, fare sesso in macchina, prima si congeleva, poi era un caldo che non si poteva tollerare! (ride, ndr).
Cillian Murphy: Abbiamo girato quella scena il primo giorno di riprese, siamo arrivati sul set, ci siamo presentati e ci siamo ficcati in macchina a girare la scena di sesso. Un bel modo di rompere il ghiaccio no?