Recensione Fascisti su Marte - Una vittoria negata (2006)

Un susseguirsi di trovate comiche irresistibili fanno facilmente dimenticare i pur tanti difetti della struttura filmica.

Alla conquista del pianeta rosso

Molti ricorderanno l'ultima trasmissione scritta dal geniale Corrado Guzzanti, Il caso Scafroglia: uno dei momenti più divertenti dello show era sicuramente rappresentato dalle gesta del manipolo di arditi comandati dal gerarca Barbagli che, secondo alcuni cinegiornali d'epoca in stile Istituto Luce, il 10 maggio 1939 potè dichiarare "Marte è fascista". Partito come un semplice sketch, Guzzanti intuì subito le potenzialità di questa sua trovata pseudo-fantascientifica e pseudo-revisionista e la trasformò in una sorta di mini-fiction a puntate che però ebbe vita breve a causa della poca fortuna del programma che lo ispirava. Grazie al caloroso supporto di moltissimi fan, si pensò successivamente ad un lungometraggio per la televisione, ma fu solo con l'ingresso del produttore Domenico Procacci che il progetto divenne finalmente destinato al grande schermo. Nel 2003, alla Mostra di Venezia venne mostrata una versione di 45 minuti ancora work in progress che comunque entusiasmò i presenti in sala, ma è solo oggi che Fascisti su Marte - Una vittoria negata, in seguito a quattro anni di lunghissima gestazione, viene presentato ufficialmente nella sua interezza alla Festa Internazionale del Cinema di Roma, presentazione che precede di qualche giorno la tanto attesa uscita nelle sale italiane.

I quattro anni di lavorazione si sentono tutti, nel senso che sono evidenti le vicissitudini o le indecisioni che la pellicola deve aver subito in fase di realizzazione e montaggio: si parte con un film monocromatico e praticamente muto (ad eccezione, ovviamente, del narratore rigorosamente littorio), con tanto di cartelli didascalici e musiche d'epoca e si arriva ad un film a colori, dialogato e con effetti speciali. Il passaggio vuole essere graduale, ma è impossibile non notarlo, e questo inficia, almeno parzialmente, la cura investita nella parte iniziale del film (che è anche la più semplice), ma è anche vero che la struttura originaria dello sketch poteva forse andar bene per un cortometraggio, ma non per un film di 100 minuti. D'altronde nella seconda parte anche le idee vengono un pò a mancare e le risate si fanno meno presenti, la necessità di inventarsi una seppur minima struttura narrativa incide sulla scorrevolezza delle gag e aggiunge ben poco di interessante per lo spettatore.

Appurato quindi che dal punto di vista tecnico/narrativo, nonostante alcuni interessanti esperimenti da parte del Guzzanti neo-regista, il film non può offrire molto, passiamo alla parte senza dubbio più importante, ovvero l'aspetto prettamente comico-satirico: le gesta di Barbagli, Fecchia, Santodio, Preghiera e Pini (interpretati dallo stesso Corrado e da quattro amici e colleghi, tra cui altre facce note della tv come Marco Marzocca e Lillo Petrolo) e raccontate da un narratore in stile cinegiornale d'epoca. E' proprio la voce narrante che celebra la conquista del pianeta bolscevico compiuta in nome del Duce uno degli elementi più esilaranti dell'intera pellicola, caratterizzata com'è da un lessico obsoleto e altisonante - in parte mutuato dagli autentici cinegiornali e in parte creato all'uopo, con tanto di irresistibili neologismi marziani - e da un atteggiamento tanto genuinamente vicino ai trionfalismi del ventennio da fare quasi tenerezza. Le trovate comiche sono innumerevoli, molte sono memorabili, e non mancano azzeccati riferimenti alla nostra contemporaneità che si affiancano alla satira del fascismo e che ricordano le graffianti parodie del Guzzanti televisivo.

In defintiva un modo simpatico ed intelligente per passare una serata al cinema pur non particolarmente cinematografica: se amate il Guzzanti comico non ne rimarrete delusi; per il Guzzanti regista resta da aspettare ancora, ma visto che le idee non mancano il nostro augurio è di non farsi attendere troppo.

Movieplayer.it

3.0/5