Recensione Outlander - L'ultimo vichingo (2008)

Dichiaratamente disimpegnata, creata ad hoc per catturare gli appassionati del fantasy e degli effetti speciali, Outlander rappresenta il tipico esempio di pop corn movie tutto azione e spettacolo.

Alien nella terra dei vichinghi

Quando i film di genere si dimostrano incapaci di offrirci idee nuove e originali cosa si può fare per svecchiarne la formula? Semplice. Creare un astuto mix di topoi. Almeno questa è l'idea che è venuta al regista Howard McCain, in combutta con i produttori Barry Osborne (Matrix, Il signore degli anelli - Il ritorno del re), Chris Roberts e John Schimmel. Il risultato è Outlander, film dal budget non elevatissimo che si presenta come un curioso mix di fantasy, film storico e sci-fi, il tutto condito con una buona dose di splatter. Il pop corn movie vede l'arrivo nella terra dei Vichinghi di un'astronave aliena con tanto di mostro al seguito da cui esce un umanoide che ben presto si unisce ai vichinghi per combattere la ferocissima creatura chiamata Moorwen. Già dalla trama si intuisce immediatamente che la ricchezza del film non dimora nello script. Outlander, che è costato 40 milioni di dollari ed è stato girato nelle province canadesi della Nova Scotia e del Newfoundland, gioca gran parte del suo appeal sulle suggestive location, dove sono stati ricostruiti i villaggi vichinghi dei re Rothgar e Gunnar, sui duelli sanguinari e sulla profusione di effetti speciali per rendere il mostro digitale il più spaventoso possibile facendolo vedere, ovviamente, il meno possibile.

Fin dall'incipit, che omaggia spudoratamente Il pianeta delle scimmie mostrando l'arrivo dell'astronave che piomba nelle acque di un lago a causa di un'avaria, appare chiaro l'intento di attingere a tutti i modelli possibili e immaginabili per colmare le lacune della sceneggiatura con citazioni e rimandi più o meno colti. Così si passa dal capostipite Alien, e dai suoi pessimi sequel che ibridano la saga dell'alieno infestante con quella del feroce Predator, a un classico della science fiction anni '50 come La cosa, fino a strizzare l'occhio alla saga di Star Trek e al vivace Eric il vichingo, diretto dal Monty Python Terry Jones. Da non dimenticare il padre di tutti mostri della mitologia anglosassone, l'orrido essere presente in Beowulf, col quale i creatori di Outlander rivendicano un rapporto di filiazione diretta, anche se all'epica nordica affiancano le teorie vagamente scientologiste di un possibile atterraggio alieno sulla Terra avvenuto in epoche antichissime.

Un altro elemento di assoluto interesse della pellicola riguarda il cast, straordinario rispetto al target di Outlander. A fianco di interpreti poco noti, come il belloccio Jack Huston, nipote della ben più celebre Anjelica, e Sophia Myles, nelle vesti della principessa guerriera Freya, troviamo niente meno che un attore serio e talentuoso come Jim Caviezel. Vedere il mistico interprete de La sottile linea rossa e La passione di Cristo nei panni dell'alieno Kainan è quantomeno curioso, considerando che Caviezel imprime la stessa intensità dei ruoli precedenti anche nell'interpretare il protagonista di questo giocattolone per bambini e appassionati dell'action-fantasy. Controbilanciano con performance che puntano su una maggior leggerezza recitativa il veterano John Hurt, che interpreta il saggio sovrano Rothgar, padre di Freya, e Ron Perlman, decisamente a suo agio nel ruolo del re Gunnar, capo della tribù rivale, tanto da lasciare il segno nonostante appaia sullo schermo solo per pochi minuti.
Nonostante alcuni momenti di stanca dovuti alla ripetitività dello script, Outlander è una pellicola che si lascia comunque apprezzare per la sua spettacolarità. Dichiaratamente disimpegnata, creata ad hoc per catturare gli appassionati del fantasy e dello splatter, delle ricostruzioni storiche non troppo rigorose e degli effetti speciali, la parola d'ordine è divertire. Ecco allora proliferare sullo schermo stereotipati vichinghi capelloni sporchi di fango e sangue che lottano per la supremazia del territorio, belle principesse che si trasformano in maschiacci e si innamorano dell'eroe di turno, armi, duelli e sfide a volontà il tutto condito con un pizzico d'ironia, che non guasta mai, e con le apparizioni improvvise di mostro tutto sommato neanche troppo orrido. L'importante è non porsi domande sulla coerenza della sceneggiatura, ma lasciarsi trasportare dalla giocosità di una pellicola che ha il pregio di mostrarsi fin da subito per ciò che esattamente è.

Movieplayer.it

2.0/5