Al Festival di Roma è il giorno di Cosimo e Nicole

Il nostro incontro con il regista Franceso Amato e gli interpreti Riccardo Scamarcio e Clara Ponsot; 'Mi piace fare film vitali, per questo spremo gli attori', ci ha raccontato il regista piemontese.

Per il suo secondo lavoro, Cosimo e Nicole, Francesco Amato, torinese, classe 1978, ha 'scelto' il Festival Internazionale del Film di Roma dove il lungometraggio è stato presentato oggi in concorso nella sezione Prospettive Italia.
Affiancato dai due protagonisti, Riccardo Scamarcio e Clara Ponsot, l'autore piemontese ha parlato del percorso che lo ha portato a dirigere quella che è a tutti gli effetti storia d'amore. Cosimo e Nicole si conoscono a Genova durante i giorni del G8. Lui la trova ferita in mezzo alla strada e la soccorre con la complicità di Paolo (Paolo Sassanelli), un organizzatore di concerti che dopo l'iniziale nervosismo li accoglie come se fossero dei figli. I due si innamorano e vivono quella passione travolgente senza alcun tipo di programmazione; decidono così di andare all'estero per un certo periodo, ma quando si rendono conto che qualcosa gli manca tornano nella 'loro' Genova per ritrovare l'amico di sempre Paolo e iniziare una nuova vita. Sotto la guida di Paolo, Cosimo diventa un fonico preparato e anche l'inquieta Nicole si sente felice. Un incidente sul lavoro che coinvolge un immigrato clandestino guineano, però, stravolge le esistenze di tutti, rivelando il vero lato di ognuno di loro, mostrandone la violenza nascosta, la fragilità, ma anche una forza insospettabile. Caratterizzata da una colonna sonora da intenditori che comprende brani di gruppi come i Bud Spencer Blues Explosion, Verdena e Afterhours, la pellicola di Amato, nelle sale dal 29 novembre grazie a Bolero Film, è stata accolta dagli applausi al termine della proiezione stampa; dato non sempre indicativo, ma che rappresenta comunque un riconoscimento per il cineasta.

Francesco, quanto è stato complesso affrontare quest'opera seconda, un film in cui peraltro hai cambiato genere, passando dalla commedia al dramma. E' stata una scelta specifica da parte tua? Francesco Amato: Non direi, non avevo in testa nulla di particolare, non ragiono per genere, a me piacciono i film vitali. Questo, conta, fare film generosi.

Cosa deve avere per te una storia, un film, per essere considerato vitale?
Deve lasciare la libertà di espressione agli attori. A loro chiedo un lavoro molto fisico e poco intellettuale. Con Riccardo e Clara abbiamo parlato tantissimo, abbiamo condiviso il nostro immaginario, abbiamo lavorato sul nostro vissuto. E abbiamo anche visto tantissimi film, da John Cassavetes a Tony Gatlif, passando per Betty Blue. Alla fine di questa preparazione erano pronti per i rispettivi personaggi, li hanno capiti. In questo senso il percorso non è stato solo tecnico e abbiamo davvero avuto la libertà di agire. Ecco cosa intendo per film vitale.

Come nel tuo esordio sembra che il tema del viaggio sia preponderante...
Ciò che conta è chiaramente l'aspetto emotivo del viaggio. Posso dire che Cosimo e Nicole prende spunto da una memoria legata a quel periodo specifico. Avevo bisogno di mostrare qualcosa che mi appartenesse, discorso che posso estendere anche alla musica. Se vogliamo è un road movie che ha coinvolto portato in giro per l'Europa una bella carovana di persone complici, che hanno creduto nella bellezza di questo progetto.

Il G8 è lo spunto iniziale del film, l'avvenimento storico che permette ai due protagonisti di conoscersi, ma non ha aspetto predominante sulla storia... Riccardo Scamarcio: Perché il film è una storia d'amore. Il fatto che i due protagonisti si siano conosciuti al G8 vuol dire che quell'evento ha prodotto anche qualcosa di positivo e forte, come l'innamoramento tra due ragazzi. Il film mette al centro della storia due esseri umani e racconta, con un approccio antropologico, come la società attorno a loro sia cambiata e come hanno reagito a quegli avvenimenti. Ci sono altri film che ci possono aiutare a comprendere meglio cosa sia successo a Genova, il nostro è un punto di vista diverso.
Francesco Amato: Il film è un'analisi vera di una relazione. Dico vera perché sono gli stessi protagonisti a raccontarcela. Con gli sceneggiatori siamo partiti da alcune interviste che abbiamo fatto ai ragazzi che si sono innamorati durante i tre giorni di Genova. Lì c'erano energia e vitalità e da quello spunto abbiamo scritto questo film cercando di rispettare il respiro naturale della relazione di Cosimo e Nicole.

Quindi non temi confronti con un'opera come Diaz...
Non ho visto il film di Daniele Vicari, anche lo abbiamo girato praticamente assieme. Al di là di questo però posso dire che ci sono due chiavi di lettura diverse. Io non affronto il tema della violenza, anche se è stato abbastanza complesso girare la sequenza in cui Clara veniva aggredita, ma interpreto il G8 anche come un incontro di anime differenti.

Nel film Nicole dice, 'I treni li prendevamo sempre per un secondo'. C'è un treno che avete preso all'ultimo secondo nella vostra vita? Clara Ponsot: Quello che mi ha permesso di essere un'attrice...
Riccardo Scamarcio: Il fatto di credere nei sogni, forse. Credo profondamente nell'idea di cogliere l'attimo. In fondo fa parte del mestiere dell'attore quello di credere in realtà indotte, costruite, ma non meno reali della realtà stessa.
Francesco Amato: Io i treni li perdo, quindi Cosimo e Nicole li invidio molto. A parte questo, dico la famiglia, il fatto di avere dei figli.

Emerge dal film una grande attenzione per i dettagli e la sensazione è che sia una sorta di continuazione del lavoro svolto con gli attori prima di girare. E' questo l'unico modo per evitare quel pressappochismo che si nota altre pellicole italiane? Francesco Amato: Abbiamo lavorato con un livello di attenzione alto, ho preteso tanto da tutti e tutti hanno risposto bene. Ho responsabilizzato gli attori, che sono diventati degli alleati, ho avuto un ottimo rapporto con la produzione. Insomma, cercavo di essere una sentinella e quando si rischiava di cadere nell'approssimazione non mi sono vergognato di fermarmi. Agli interpreti chiedevo sempre, 'Ma ci credete in quello che sta accadendo? E' vero oppure no?' Quanto ai film italiani, in quello di Paolo Virzì ho sentito grande verità. Su altro non sarei in grado di pronunciarmi, perché si tratta di problemi molto complessi.