Recensione Tender Son - The Frankenstein Project (2010)

Premesse e intenzioni interessanti per il film di Kornél Mundruczó, ma il risultato non convince pienamente tra snodi narrativi forzati e interpretazioni poco convincenti.

Accecante normalità

Come nascono i mostri?
E' questa la domanda che vuole porsi Kornél Mundruczó, di ritorno in concorso a Cannes dopo la partecipazione del 2008 con Delta. Così come quest'ultimo, il nuovo lavoro Tender Son - The Frankenstein Project prende le mosse da un ritorno a casa, in questo caso quello del diciassettenne Rudi, cresciuto da solo, senza una famiglia, e per questa ragione emotivamente disturbato. La ricerca di calore, che spera di ottenere, viene subito disillusa dal rifiuto che riceve e questo lo trasforma in un assassino, rendendolo un ricercato. Ma è proprio attraverso quel padre che tanti anni prima lo aveva abbandonato, che riesce a trovare l'aiuto e la redenzione.

Siamo noi stessi a generare i mostri, che in questo senso diventano un prodotto della società, un riflesso di come l'ambiente li tratta. E' uno dei temi mutuati da Mundruczó dal romanzo che, dichiaratamente, è ispirazione per il film: il Frankenstein di Mary Shelley. Come accade al mostro del popolare romanzo gotico, Rudi reagisce a come viene trattato, incapace di distinguere tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Ma non è l'unico tema che l'autore prende in prestito dal romanzo di Mary Shelley: l'altro è quello della paternità, inteso nel senso più ampio di rapporto tra creatore e creatura, che ne unisce il destino nell'inevitabile responsabilità che li lega, una responsabilità che l'autore sembra sottolineare nella sequenza finale.
C'è infine la neve, presente, ed importante, in entrambe le storie, accecante, ma capace di nascondere il male come una coperta (come sembra suggerire una sequenza del film, che vede il padre di Rudi nascondere il sangue di una vittima): se Frankenstein chiudeva in Artide, Tender Son lo fa nel paesaggio innevato dell'Austria.

Ma se le intenzione dell'autore sono interessanti, meno lo è il risultato, in particolare perchè le reazioni di Rudi sono sempre eccessive rispetto alle azioni che le provocano, rendendo difficile empatizzare con il personaggio e soprattutto spiegarne gli omicidi. Rudi a parte, anche gli altri personaggi si rendono protagonisti di azioni dalle motivazioni poco chiare, con snodi narrativi che appaiono forzati e poco logici. Non aiutano nemmeno le interpretazioni del cast, fatto soprattutto di non protagonisti, che il regista preferisce agli attori formati (come sottolinea anche il primo dialogo del film), tra i quali figura lo stesso Mundruczó nei panni del padre.
A questo si aggiunge la ricerca troppo ossessiva di immagini visivamente potenti, di messe in scena ad effetto, che rendono il film freddo nel suo essere pretenzioso. Altrettanto forzato è il riferimento a Frankenstein, che con il suo accenno a partire già dal titolo, appare un tentativo di farsi notare più che come una ispirazione.

Movieplayer.it

2.0/5